Icapolavori egizi come nessuno li ha mai visti. Grazie alle nuove tecnologie è infatti possibile ricostruire gli antichi scavi, scoprire quello che c’è sotto le bende di una mummia (sorprendendosi perché, magari, la mitica Merit portava la parrucca) o ritrovarsi faccia a faccia (grazie al digitale) con le malattie dei Faraoni o con nuovi colori di una tavolozza egizia (come un nuovo profondissimo blu). C’è tutto questo nella nuova mostra allestita al Museo Egizio di Torino, “Archeologia invisibile” aperta al pubblico fino al prossimo 6 gennaio 2020.
Archeometria
Lo scopo dell’allestimento è illustrare principi, strumenti, esempi e risultati della meticolosa opera di ricomposizione di informazioni, dati e nozioni resa oggi possibile dall'applicazione delle scienze alla propria disciplina e, in particolare, allo studio dei reperti. L’archeometria – insieme delle tecniche adottate per studiare i materiali, i metodi di produzione e la storia conservativa dei reperti – rende possibile interrogare gli oggetti: grazie alla crescente interazione con le competenze della chimica, della fisica o della radiologia, il patrimonio materiale della collezione del Museo Egizio rivela di sé elementi e notizie altrimenti inaccessibili. Un viaggio curato e coordinato da Enrico Ferraris, egittologo del museo torinese, che condurrà fino all'installazione luminosa che chiude il percorso e che rivela i segreti del Sarcofago di Butehamon.