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La “Crocifissione bianca”: il genocidio del popolo ebraico in un dipinto di Chagall

La crocifissione nell’arte in molti casi rattrista, anche perché siamo catturati dalla sofferenza fisica alla quale ci rimanda il tema iconografico. Una delle opere più famose di Marc Chagall (1887-1985) è la Crocifissione bianca, realizzata nel 1938, un dipinto a olio collocato presso l’Istitute of Arts a Chicago che s’ispira al genocidio del popolo d’Israele in Europa. Egli appartiene a una famiglia ebraica ortodossa, ha più volte trattato il legame tra ebrei e cristiani, un precursore del dialogo interreligioso.

La celebre opera di Chagall, rapisce chi la contempla sia per la sua delicatezza cromatica, sia per lo stile personalissimo fuori dalle tradizionali iconografie. Per l’artista il crocifisso bianco è il simbolo del popolo ebraico.

L’arte è una forma di preghiera, nel caso di questa opera, può essere accompagnata dalla lettura dei Salmi: “Signore, mio Dio, in te mi rifugio: salvami e liberami da chi mi perseguita, perché non mi sbrani come un leone, non mi sbrani senza che alcuno mi salvi” (Salmo 7), così pure il Padre Nostro “liberaci dal male”.

Chagall in questa opera per così dire “profetica”, anticipa la tragedia dell’Olocausto, sembra una denuncia della tragedia che si avvicinava. Il Signore è raffigurato al centro del quadro, indossa il tallit, (lo scialle ebraico per la preghiera) sui fianchi, la corona di spine cede il posto ad un panno, la Croce sulla quale è inchiodato ricorda la lettera “T”. L’artista sceglie di rappresentare con questi dettagli Gesù, perché in Lui riconosce che tra i Rabbì è quello “più amorevole che soccorreva i bisognosi…l’archetipo del martire ebreo di tutti i tempi” affermava l’artista.

L’iscrizione I.N.R.I. “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum” sulla croce è riportata due volte: in gotico di colore rosso che richiama quello del sangue, allude agli opuscoli infamanti dei nazisti, l’altra scritta in lingua ebraica. Un raggio bianco di luce dall’alto illumina la Croce fino alla menorah collocata ai piedi del Signore con le candele che ardono, quindi l’artista riesce a trovare quell’equilibrio e l’armonia tra ebraismo e cristianesimo.

Gesù sembra incosciente di quello che succede al mondo risucchiato in un vortice di strazio, con incendi, su entrambi i lati. Sopra la croce una donna e tre anziani che piangono in abiti tipici in uso al tempo di Gesù. Sul lato sinistro del Crocifisso c’è un soldato con l’uniforme nera, è il piromane che dà fuoco alla tenda del tempio, l’Arca dell’Alleanza è spezzata, per strada notiamo alcuni arredi rovesciati, invece dall’altra parte è raffigurata una barca carica di ebrei in cerca di un rifugio, ma nessuno li accoglie.

Dalla parte opposta vi sono delle case anch’esse distrutte dalle fiamme e sopra un esercito comunista come s’intuisce dalle bandiere rosse. Nella parte inferiore della tela, c’è un uomo anziano umiliato dalla targa bianca al collo per l’origine ebraica, l’altro uomo vestito di verde con cappello azzurro ha un sacco sulle spalle, dà l’impressione di uscire dal dipinto. Altri ebrei, scappano per rifugiarsi portando con sé i doni più belli i bambini e la Torah, mentre un secondo rotolo della Legge sta bruciando dal quale sale un fumo grigio.

E’ attuale la Crocifissione bianca, richiama le tragedie dei nostri giorni come l’esodo dei migranti e le persecuzioni dei cristiani. L’abilità di Chagall è aver saputo leggere nella Crocifissione di Cristo, il dolore dell’umanità di ogni tempo, egli ha scelto spesso di raffigurare i temi biblici e con diverse tecniche. Sia la sua vita che la carriera, sono pervase dai valori della Scrittura le sue “Crocifissioni” hanno suscitato molte remore, si è attirato le antipatie anche perché l’ebraismo proibisce il culto delle immagini.

Chagall, dichiarò in una mostra d’ arte nel 1917 di essere orgoglioso “di appartenere al piccolo popolo ebraico da cui nacque Cristo e il cristianesimo” e sceglie di esser seppellito presso il cimitero cristiano di Saint Paul de Vence (Provenza).

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