Andrea Franzoso, classe 1977, è diventato ormai famoso. Non si definisce un eroe, ma una persona normale. Come tutti dovremmo essere. Andrea ha perso il posto di lavoro nel 2016 per aver denunciato il presidente dell’azienda dove egli lavorava: quell’amministratore, infatti, rubava, addebitando all’azienda – a controllo pubblico – le sue spese personali e quelle della sua famiglia: negli ultimi quattro anni del suo lungo “regno” (durato diciassette anni) ha infatti sottratto circa mezzo milione di euro, facendosi rimborsare cene in ristoranti di lusso, abiti firmati, argenteria, viaggi… e oltre 180mila euro di multe prese dal figlio con l’auto aziendale.
Andrea ha detto “basta” e ha deciso di “soffiare il fischietto” per fermare quel gioco sporco: è questo il significato di “whistleblower”, termine inglese che indica chi ha il coraggio di denunciare corruzione e malaffare sul luogo di lavoro (composto dal verbo “to blow”, soffiare, e dal sostantivo “whistle”, fischietto). Grazie a questo suo coraggioso atto è stata approvata in Italia in Italia lo scorso 30 novembre 2017 la legge sul whistelblowing.
Ma avrà avuto poco da fischiettare Andrea Franzoso – nel senso che riconduce invece alla spensieratezza – quel 10 febbraio 2015, quando, presa coscienza dei conti che non tornavano, è andato a presentare un esposto ai Carabinieri, firmandolo con nome e cognome, pur sapendo che avrebbe pagato a caro prezzo quella sua “disobbedienza civile”. “Era un atto che mi chiedeva la mia coscienza”, spiega Andrea.
Quasi nessuno dei colleghi ha offerto solidarietà ad Andrea, anzi: un clima di omertà lo ha progressivamente isolato. Nel giro di pochi mesi, dopo l’avviso di garanzia al vecchio Presidente e l’arrivo del nuovo, Andrea Franzoso è stato esautorato dalle sue funzioni e trasferito in un nuovo ufficio creato ad hoc per lui, dove non aveva niente da fare. Infine, nel 2016, gli è stata proposta la risoluzione del contratto che lui ha accettato, poiché non c’erano più le condizioni per rimanere.
Ma tutto questo è stato per lui soltanto l’inizio. Andrea Franzoso, infatti, ha voluto raccontare la sua vicenda in un libro, “Il Disobbediente” (edito da PaperFIRST), e sta facendo letteralmente il giro del Paese: Andrea è stato invitato in molto luoghi (librerie, centri culturali, ma anche parrocchie, scuole e persino in un monastero di clausura, dai certosini di Serra San Bruno) per presentare la carica positiva della sua vicenda. Andrea si racconta come se tutta la sofferenza vissuta negli anni precedenti fosse acqua passata. “Nel raccontare la mia storia sono sereno, non ho rancore. Ho passato momenti duri, ma ho saputo dare un senso a ciò che ho vissuto. È vero: ho perso il lavoro, ma ho guadagnato me stesso. Ho mantenuto la schiena dritta, per continuare ad essere un uomo libero”.
“Recentemente ho trovato una nuova occupazione – continua – il lavoro dei sogni: ora sono autore televisivo per un gruppo editoriale e poi sono davvero incoraggiato dal calore delle persone che incontro per raccontare la mia vicenda. Quello che mi colpisce di più è la reazione dei giovani. Nelle scuole tutti i ragazzi mi ascoltano in silenzio dall’inizio alla fine. Poi, molti vengono ad abbracciarmi e molti di loro mi scrivono. Questi abbracci e le loro parole valgono più di mille riconoscimenti, i ragazzi sono spontanei, non hanno le sovrastrutture degli adulti”. “Nei suoi gesti ho visto molte emozioni, ma non la rabbia. Quella non ha avvelenato le sue parole nemmeno per un secondo” ha scritto Selma, di Reggio Emilia, nel giornalino del suo liceo. Andrea Franzoso crede nei giovani: “È da loro che dobbiamo partire per promuovere e accompagnare il cambiamento culturale di cui il nostro paese ha bisogno. In quello che sembra un deserto di valori, la tecnica da adottare è l’irrigazione goccia a goccia, non servono idranti o canadair”.
Anche ne “Il Disobbediente” il primo capitolo è dedicato ai padri e ai figli: “La corruzione è un furto che facciamo ai nostri figli, aria inquinata che facciamo respirare loro. Dobbiamo deciderci a trasmettere il gusto e la bellezza di una vita etica, altrimenti si convinceranno che nel mondo conta solo essere furbi. Se oggi non facciamo una scelta per la legalità, la facciamo per l’illegalità. C’è poco da dire. Se non troviamo il coraggio di parlare o di denunciare il malaffare, diventiamo complici e conniventi con il sistema marcio. Dobbiamo passare dall’idea che Chi fa la spia non è figlio di Maria alla consapevolezza che Chi tace acconsente”.
Chiediamo ad Andrea Franzoso quale sia il cuore del suo messaggio ai ragazzi delle scuole che continua a incontrare in tutta Italia con la sua testimonianza: “Dico loro di non esitare a fare la scelta bella. Un atto secondo coscienza, che può portarti ad attraversare un tratto di deserto, di solitudine e di sofferenza. Mi viene in mente l’esodo di Israele dall’Egitto, inseguito dal proprio passato, dalle remore, ti trovi davanti al mar Rosso e che fai? Devi attraversarlo! Poi ancora deserto… ma infine arrivi nella terra promessa. Ai ragazzi dico: se non fai la scelta bella ti condanni a una vita da mediocre. Se svendi la tua coscienza per una carriera o per un piatto di lenticchie, non sei consapevole del tuo valore. Ti svaluti, manchi di rispetto verso se stesso, prima ancora che verso gli altri. Chi si accontenta di una vita al ribasso non può essere felice”.
E se il deserto fosse grande e arido, non bisogna dimenticare che anche esso è un luogo dove possono fiorire oasi. Se tutti abbiamo la determinazione di Andrea Franzoso, il deserto fiorirà. Non è un’utopia, ma una “eu-topia”, un luogo bello, bellissimo, non più un deserto di ingiustizia e solitudine, ma un giardino di giustizia e fraternità.