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Gli “sfregi” del patrimonio artistico italiano in mostra a Pompei

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Nelle vetrine dell’Antiquarium di Pompei sono esposti 170 reperti tra ceramiche, statue, anfore, e offerte votive. Opere che affiancano oggetti di pari bellezza, ma prodotti dai falsari, anche questi finiti per decenni nei depositi giudiziari e ora rispolverati e collocati in teche di vetro. Le opere originali messe difronte ai “fake” dimostrano quanta perizia i falsari hanno mutuato dalla storia antica che ha fatto grande l’Italia.

Si tratta di materiale di deliziosa fattura e di immenso valore, recuperato mediante operazioni internazionali da Carabinieri, Guardia di Finanza e Magistratura e lasciato nel buio di locali blindati, dai quali non poteva essere spostato né mostrato perché costituiva il corpo del reato. “Questa mostra denuncia lo ‘stupro’ subito dal patrimonio culturale italiano, saccheggiato e clandestinamente rivenduto dal 1960 a oggi. Il recupero dei reperti consente oggi di esporre qui una piccola parte del ‘bottino’ svincolato e ora in vetrina qui nell’Antiquarium degli Scavi di Pompei fino al 27 agosto del 2017″. Il soprintendente del sito archeologico, Massimo Osanna, ha così descritto la mostra inaugurata oggi e dal titolo “Il Corpo del Reato“.

“Questi oggetti – ha spiegato Osanna – simboleggiano la violazione cui è costantemente sottoposto il patrimonio culturale. Molti di questi reperti provengono dalla Daunìa, non sono tutti del territorio campano, ma sono stati trafugati in Puglia e in Basilicata, regioni che hanno maggiormente subito il saccheggio di opere antiche. Purtroppo sono anche una cruda testimonianza della perdita di conoscenza per la nostra società. In molti casi, infatti, non è possibile risalire ai luoghi in cui sono stati trafugati e, nel contempo, alle popolazioni che hanno subito il saccheggio non è più dato conoscere le straordinarie bellezze di cui erano custodi”.

Osanna pone in rilievo il valore educativo della mostra, che “vuole offrire ai visitatori il senso dell’oltraggio arrecato al patrimonio culturale italiano“. Ai reperti esposti sono assegnati nomi dei detentori illegali ai quali le forze dell’ordine effettuarono i sequestri, avvenuti tra gli anni 1960-90, quando la razzia di migliaia di siti italiani alimentò preziose collezioni di musei internazionali come il Getty a Los Angeles e il Metropolitan a New York. Si ammirano, quindi, oggetti antichi contrassegnati con i nomi degli autori dei crimini: due di loro, ad esempio, ora si ritrovano menzionati come misteriosi personaggi.

Sono di due antiquari, il primo di Firenze, il secondo del Napoletano ai quali, negli anni Settanta, vennero sequestrati, con l’accusa di ricettazione, i preziosi oggetti trafugati dai tombaroli italiani. Per allestire questa mostra, è stato necessario superare i vincoli burocratici che bloccavano questi beni durante i lunghi processi per i quali, appunto, costituivano corpo di reato. Grazie alla sensibilità del giudice Carlo Spagna, magistrato delegato all’ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Napoli, la Soprintendenza di Pompei è entrata in possesso di questo materiale ora esposto.

Certe cose o si fanno in un giorno o non si fanno” ha affermato il giudice Spagna spiegando con quale celerità è riuscito a ottenere ciò che non era affatto semplice: fare uscire dai sotterranei i reperti sequestrati negli anni Settanta, risalendo all’iter giudiziario per constatarne la chiusura. “Altri reperti sono stipati nell’Antiquarium di Stabia e speriamo presto di poterli svincolare per esporli al pubblico” ha promesso Osanna. La provenienza dei beni archeologici assegnati in via definitiva alla Soprintendenza di Pompei è di Castel Capuano, a Napoli, dal “Museo Criminale” che il giudice Spagna ha auspicato venga presto rinominato “Museo delle Regole”.

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