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“Gli scartagonisti” nell’ultimo libro di don Maurizio Mirilli

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Viviamo in una società dove “la cultura dello scarto respinge i più deboli” come ha più volte denunciato anche Papa Francesco. In questo contesto si inserisce “Gli scartagonisti. Scartati dagli uomini, protagonisti per Dio”, l’ultimo libro di don Maurizio Mirilli, parroco del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi, già direttore della Pastorale giovanile di Roma che lunedì 13 febbraio sarà presentato, tra l’altro, anche al Circolo dei lettori di Torino.

Il volume, edito da San Paolo e con prefazione del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, racchiude dieci storie suddivise in due sezioni; nella prima si incontrano personaggi biblici come: Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli; Mosè, abbandonato nelle acque del Nilo; Davide, scartato dagli stessi familiari e divenuto poi re d’Israele; Maria e Giuseppe costretti a rifugiarsi in una grotta e, naturalmente, Gesù “lo scartato per eccellenza che l’uomo ha messo in croce ma ancora oggi protagonista della storia dell’umanità”.

Nella seconda parte sono raccontate storie di vita di Santi e di persone comuni conosciute da don Maurizio durante il suo ministero. Il lettore ha modo di conoscere San Filippo Smaldone, non ritenuto idoneo al ministero sacerdotale e divenuto apostolo dei non udenti; Ilaria, giovane donna morta a 34 anni, 25 dei quali segnati da una grave malattia “la cui camera si era trasformata da un luogo di dolore e di emarginazione ad un gioioso centro giovanile” come scrive l’autore. E ancora Andrea e Monica, scartati a causa della loro disabilità fisica e mentale, ma divenuti parte attiva del gruppo giovani nella loro parrocchia.

“Scartagonisti” è un neologismo inventato da don Maurizio per mettere in evidenza come “agli occhi di Dio diventano protagonisti proprio quegli uomini e quelle donne scartati dalla società”.

In chiusura il sacerdote, già autore di “365 motivi per non avere paura” (pubblicato in Brasile e tradotto in coreano) e “365 motivi per amare”, racconta spaccati della sua infanzia: la precoce morte del fratellino Maurizio, dal quale ha “ereditato” il nome, abbandonato da quegli stessi medici che ne avevano garantito l’assistenza e le cure, e le dolorose umiliazioni subite per un errore giudiziario. “Anche io da ragazzino mi sono sentito scartato – racconta – Quando avevo dieci anni mio padre fu arrestato e in quanto figlio di carcerato mi sono sentito ai margini della società. Ma il Signore mi ha preso per mano, attraverso la Chiesa mi ha fatto sentire tutta la sua tenerezza e salvezza e a distanza di tanti anni mi ha liberato dalla vergogna, che mi portavo dentro, di essere figlio di un carcerato. Mi auguro che la mia storia personale possa essere di aiuto a chi ha vissuto una esperienza simile e pensa erroneamente che la sua vita sia distrutta: nella logica di Dio possiamo tutti essere strumento di salvezza per tanti altri”.

Roberta Pumpo: