Per chi non se ne fosse accorto, tra la sbornia di partite di pallone e i sussulti meteo che ci ricordano puntualmente che Mater Natura semper docet, qualche sera fa è andata in onda una puntata speciale del programma “Bersaglio Mobile” di Enrico Mentana, che ha visto il confronto tra il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi di Maio, e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. L'oggetto del contendere è stato quel Decreto Dignità che l'attuale Governo ha varato con l'intento di smontare l'impianto generale edificato dalla Riforma del mercato del lavoro meglio nota come Job Act, frutto della precedente reggenza.
I contenuti del dibattito hanno riproposto né più e né meno il conflitto di classe permanente – per usare un lessico demodé – insito negli interessi non sempre convergenti di chi assume e di chi è assunto. L'elemento di sorprendente inconsuetudine è stato piuttosto tutto il corollario di modi e di argomentazioni che hanno dato forma ad un dibattito di livello decisamente alto rispetto alla media di quanto l'offerta informativa ci propone quotidianamente. Come una ventata di aria fresca, hanno colpito lo stile e le parole dei due interlocutori che sebbene su posizioni diverse e per certi versi distanti, non hanno mai tradito autoreferenzialità e ostilità preconcetta, dimostrando un forte senso di responsabilità per i ruoli ricoperti di gravissimo interesse pubblico. In alcuni passaggi, lo stesso Boccia ha riconosciuto il ruolo fondamentale e primario della politica, trasferendo all'uditorio un'immagine rinnovata e più umana di una categoria che in passato non ha celato posture e atteggiamenti di superiorità padronale. Anche quando il “giovane” Di Maio, richiamando forse inconsapevolmente il Nobel per l'economia Amartya Sen, ha dichiarato come la sua azione politica voglia e debba garantire un benessere della cittadinanza italiana chenon può essere tarato unicamente sulla prospettiva ristretta del Pil. Nessuna acredine nemmeno quando si sono toccati i punti più tecnici del nuovo decreto su lavoro, che esprime un primo timido messaggio di rappresentanza ai milioni di lavoratori italiani, senza tuttavia tradire pregiudiziali inutili e inette nei confronti della controparte.
Boccia e Di Maio, quest'ultimo per nulla spalleggiato da un Mentana apparso a tratti un po' fazioso, hanno infine affrontato il tema dei rapporti di libero scambio con l'estero, dopo una parentesi sul divieto alla pubblicità del gioco d'azzardo con buona pace di certi volti noti che reinterpretano all'occorrenza i principi più nobili della loro supposta appartenenza ideologica. La maggioranza che sostiene il Governo Conte, sarebbe pronta a non ratificare il trattato di libero scambio (oneri doganali abbattuti quasi totalmente) tra Europa e Canada denominato Ceta, al fine di proteggere non solo il mercato interno (qui le posizioni sono molto polarizzate), ma soprattutto la salute dei consumatori i quali si troverebbero esposti a valanghe di materie prime e semi lavorati la cui salubrità sarebbe quantomeno dubbia. Quelle dell’altra sera sono state due ore fitte di incontro-scontro doviziosamente condotte dall’“anchorman” Enrico Mentana. Che si stia riaffacciando la politica, quella partecipata e condivisa, al servizio della comunità tutta? Staremo a vedere, anche alla televisione se serve.