E’ il 29 settembre del 1571 quando Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, nasce a Milano. In poco meno di quindici anni darà vita ad un profondo rinnovamento della tecnica pittorica caratterizzata dal naturalismo dei suoi soggetti, dall’ambientazione realistica e dall’uso personalissimo della luce e dell’ombra. Nel corso dei secoli viene preso a modello da molti artisti europei, tanto da far nascere il termine “caravaggismo”, una parola che definisce la sua influenza che si protrarrà, con alterne vicende, sino al 1800, anche se, alla grande fama in vita, era seguito un oblio di due secoli. L’opera di Caravaggio è stata riscoperta e consacrata nel Novecento grazie agli studi di Roberto Longhi che nel 1951 gli dedicò una mostra epocale nel Palazzo Reale di Milano. E proprio il capoluogo lombardo torna a omaggiare il suo illustre cittadina con un’estemporanea intitolata “Caravaggio dentro”.
La mostra
Sempre a Palazzo Reale, dal prossimo 29 settembre, sarà possibile ammirare diciotto capolavori dell’artista riuniti insieme per la prima volta. Un’esposizione unica non solo perché presenterà al pubblico opere provenienti dai maggiori musei italiani ed esteri ma perché, per la prima volta, le tele di Caravaggio saranno affiancate dalle rispettive immagini radiografiche che consentiranno al pubblico di seguire e scoprire, attraverso un uso innovativo degli apparati multimediali, il percorso dell’artista dal suo pensiero iniziale fino alla realizzazione finale dell’opera.
I curatori
Promossa e prodotta dal Comune di Milano–Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, assieme al Gruppo Bracco, che è Partner dell’esposizione per le nuove indagini diagnostiche, la mostra è curata da Rossella Vodret, coadiuvata da un prestigioso comitato scientifico presieduto da Keith Christiansen. L’obiettivo è raccontare da una prospettiva nuova gli anni della produzione artistica di Caravaggio, attraverso due fondamentali chiavi di lettura: le indagini diagnostiche e le nuove ricerche documentarie che hanno portato a una rivisitazione della cronologia delle opere giovanili, grazie appunto sia alle nuove date emerse dai documenti, sia ai risultati delle analisi scientifiche, da diversi anni la nuova frontiera della ricerca per la storia dell’arte come per il restauro. L’allestimento è progettato da Studio Cerri & Associati.
I documenti
All’estemporanea saranno presenti anche alcuni selezionati documenti, provenienti dall’Archivio di Stato di Roma e di Siena, relativi alla vicenda umana e artistica di Caravaggio, che hanno cambiato profondamente la cronologia dei primi anni romani e creato misteriosi vuoti nella sua attività. Mancano, infatti, notizie tra la fine del suo apprendistato presso Simone Peterzano nel 1588 e il 1592 quando compare a Milano in un atto notarile. Così come l’arrivo a Roma è documentato solo all’inizio del 1596 e dunque rimane misteriosa la sua vicenda in questi otto anni, non pochi per un pittore che ha lavorato, in tutto, meno di quindici anni.
Le opere
Tra i musei che collaborano, la Galleria degli Uffizi, Palazzo Pitti e Fondazione Longhi, di Firenze; Galleria Doria Pamphilj, Musei Capitolini, Galleria Nazionale d’Arte Antica-Palazzo Corsini, Galleria Nazionale d’Arte Antica-Palazzo Barberini di Roma; il Museo Civico di Cremona; la Banca Popolare di Vicenza; il Museo e Real Bosco di Capodimonte e Gallerie d’Italia Palazzo Zevallos di Napoli. Tra le opere esposte, ricordiamo la “Sacra famiglia con San Giovannino” (1604-1605) dal Metropolitan Museum of Art, New York; “Salomé con la testa del Battista” (1607 o 1610) dalla National Gallery, Londra; “San Francesco in estasi” (c.1597) dal Wadsworth Atheneum of Art di Hartford; “Marta e Maddalena” (1598) dal Detroit Institute of Arts; “San Giovanni Battista” (c.1603) dal Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City; “San Girolamo” (1605-1606) dal Museo Montserrat, Barcellona.
Lo studio della tecnica di Caravaggio
La tecnica di Caravaggio è stata oggetto di uno studio approfondito promosso dal Mibact che, a partire dal 2009, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano e con l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, ha analizzato attraverso una importante campagna di indagini diagnostiche le ventidue opere autografe presenti a Roma: “Sono emerse così – afferma la curatrice Rossella Vodret – alcune costanti nelle modalità esecutive di Caravaggio, ma sono venuti anche alla luce elementi esecutivi inaspettati e finora del tutto sconosciuti: dagli strati di pittura sono affiorate una serie di immagini nascoste. Inoltre è stato sfatato il mito che Caravaggio non abbia mai disegnato, dacché sono apparsi tratti di disegno sulla preparazione chiara utilizzata nelle opere giovanili”. Il cambiamento cruciale nella sua tecnica avviene nel 1600 quando Caravaggio viene chiamato a dipingere la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: primo incarico pubblico e su tele di grandi dimensioni. Gli viene dato un solo anno di tempo per completare l’opera e un compenso all’epoca straordinario: 400 scudi. Abituato a dipingere “tre teste” al giorno per appena un grosso l’una, come ci dicono le fonti documentarie, si può comprendere come questa commessa rappresenti una svolta fondamentale per la carriera e la vita dell’artista.
Le tele “Contarelli”
Nelle tele Contarelli la preparazione è scura, sempre in doppio strato, composta da terre di diverso tipo, pigmenti e olio. In sostanza, Caravaggio parte dalla preparazione scura e aggiunge soltanto i chiari e i mezzi toni, dipingendo solo le parti in luce. Di fatto non dipinge le figure nella loro interezza, ma solo una parte. In tutto il resto del quadro non c’è nulla: il fondo scuro e le parti in ombra sono resi solo con la preparazione, non c’è pittura.
Le opere ai raggi x
Attraverso le riflettografie e le radiografie, che penetrano in diversa misura sotto la superficie pittorica, si è potuto seguire il procedimento creativo di Caravaggio, i suoi pentimenti, rifacimenti, aggiustamenti nell’elaborazione della composizione. A tale proposito opera emblematica è il San Giovannino di Palazzo Corsini, dove le analisi ci permettono di leggere l’aggiunta di un agnello, simbolo iconografico poi eliminato. Alla campagna di indagini eseguita tra il 2009 e il 2012 sulle opere romane di Caravaggio, a cura dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure, faranno seguito, grazie al sostegno del Gruppo Bracco, nuove importanti indagini diagnostiche sulle altre opere in mostra, comprese quelle provenienti dall’estero di cui, con un progetto congiunto Università degli Studi di Milano-Bicocca e Cnr, verrà proposta in mostra una innovativa elaborazione grafica per renderle più leggibili al grande pubblico.