Duecentocinquanta anni fa, esattamente nel 1764 veniva pubblicato “Dei delitti e delle pene”, scritto da Cesare Beccaria, marchese di Bonesana. Il testo venne scritto nel 1763, ma solo l’anno successivo fu pubblicato a Livorno. Un libro innovativo, che all’epoca fu definito illuminista e quindi inserito nell’elenco dei tomi proibiti. Per parlare delle sue caratteristiche e della sua attualità, giovedì 27 novembre si incontreranno a Torino, presso l’Accademia delle scienze, e venerdì 28, presso Palazzo d’Azeglio, esperti e docenti provenienti dall’Europa.
Il convegno è promosso e organizzato dalla Fondazione Firpo, in collaborazione con la Fondazione Einaudi. Far conoscere i risultati delle ricerche storiche e dare risalto ai valori e agli insegnamenti contenuti nel saggio di Beccaria sono gli obiettivi che si sono prefissi gli organizzatori. “Dei delitti e delle pene” spiega nelle sue pagine come prevenire i delitti prima di punirli e consiglia l’abolizione delle torture e della pena di morte.
Ugo Spirito, nel 1925 nella “Storia del diritto penale italiano” commentava l’unicità e la validità del saggio di Beccaria, spiegando che: “poche altre opere hanno avuto una ripercussione così grande nel campo della cultura italiana e straniera e hanno suscitato tanto entusiasmo quanto il libretto Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria. Non c’è stato, dopo di lui, studio di diritto penale che dalla sua opera non abbia preso spunto, sia per svilupparne ulteriormente le idee, sia per combatterle, sia per temperarle e modificarle”.