C’è grande attesa per la cerimonia che decreterà i vincitori dei David di Donatello 2017, l’appuntamento più importante per il cinema italiano e, di conseguenza, ambitissimo per i candidati alla vittoria. La kermesse si terrà agli Studi De Paolis di Roma, con la conduzione di Alessandro Cattelan e una schiera di aspiranti vincitori ben combinata tra grandi nomi, talenti emergenti e belle novità, i quali sono stati presentati in Quirinale alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal Premio Oscar Roberto Benigni, invitato al Colle per l’occasione: “Sono il portavoce del Partito del Cinema, del Pci”, ha esordito in tono scherzoso l’attore toscano, il quale si è poi lanciato in un discorso dei suoi, appellandosi alla necessità di rendere il cinema alla stregua di un mondo di felicità e bellezza, citando gli articoli costituzionali “9, 21 e 33 della Costituzione, sui quali si fonda la possibilità di fare cinema”.
“Avrei fatto il Benignellum!”
Benigni è stato introdotto dal presidente ad interim dell’Accademia dei David, Giuliano Montaldo, il quale ha salutato l’attore e regista rivolgendosi al presidente Mattarella, spiegando come “quest’anno un premio speciale è stato attribuito a un uomo che ha saputo farci sognare: mi permetta signor presidente di presentarle Roberto Benigni”. E, come al solito, l’artista castiglionese non si è fatto sfuggire l’occasione per lanciarsi in un monologo fatto di cultura e ironia sull’attualità sociale e politica, interrotto più volte dagli applausi della platea: “Ha tutta la mia stima – ha detto Benigni al Presidente della Repubblica – per il suo stile. Se fossi presidente vorrei somigliarle: avrei fatto pure io una nuova legge elettorale, il Benignellum!”. E, a proposito dell’ingresso dell’ora legale: “E’ una delle poche cose legali rimaste in Italia”.
Benigni e gli articoli “a tutela del cinema”
Poi il discorso sul cinema, sulla figura dell’artista e sul ruolo della settima arte in Italia: “Gli artisti non hanno diritti hanno solo doveri. Non voglio sentire parlare di crisi. Il cinema non è mai stato così in salute”. A rimarcare l’importanza rivestita da questo campo della cultura nel nostro Paese, Benigni ha ricordato “l’articolo 9, l’articolo 21 – un articolo che ci ha liberato dalla paura di pensare – e il 33, tre articoli meravigliosi di cui siamo grati alle nostre madri e ai nostri padri costituenti”: tali punti, secondo l’attore toscano, tutelano il mondo del cinema. Poi strappa un’ovazione della platea, riassumendo in poche righe quello che, forse, è un po’ il pensiero generale della nostra epoca: “La perdita d’interesse per il cinema è una perdita di felicità. Senza ci rimangono solo i corpi! Il 2000 tanto atteso si è rivelato il secolo dei corpi… Dobbiamo fermarci e permettere alle nostre anime di raggiungerci”.
Cosa fare allora? Prima di lasciare la parola al ministro della Cultura, Dario Franceschini, e allo stesso Mattarella, Benigni lancia una sorta di “ricetta” cinematografica della felicità: “Il cinema fa bene alla salute, uno dovrebbe andare in farmacia e prendere due bustine della ‘Dolce Vita’, 5 grammi di ‘Otto e mezzo’. Sperperiamo l’allegria, dobbiamo essere felici per diffondere felicità”.