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Dalle catacombe di Domitilla riemergono due gioielli di arte paleocristiana

ā€œIl senso delle catacombe per noi cristiani ĆØ la vicinanza a Cristo. Non erano un posto di morte ma di vita, come testimonia il fatto che si facessero dei banchetti. Bisogna schiodare dalla mente delle persone che fossero luoghi oscuri, che vi si sia vissuta una vita di rifugio, atterritaā€¦ sono cimiteri, luoghi di riposoā€. Unā€™esperienza ā€œfondata, radicata nella vita quotidianaā€ con simboli ā€œspeculari alla vita che si sviluppava stando in superficieā€. Al punto che parenti e amici, pur nella sofferenza del distacco, ā€œricomponevano quellā€™atmosfera e quella memoria che noi purtroppo non siamo piĆ¹ capaci di ricreare quando ci affacciamo a guardare il grande mistero della morte, anzi, lā€™altra faccia della vitaā€. CosƬ il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura e della Commissione di archeologia sacra, ha commentato il restauro di alcuni ambienti delle catacombe di Domitilla e lā€™allestimento del piccolo ma prezioso museo annesso. Unā€™altra tappa di quel progetto piĆ¹ ampio voluto dal cardinale che prevede un intervento ogni anno e che ha giĆ  portato ai restauri delle catacombe di Priscilla e dei santi Marcellino e Pietro, per citare alcuni esempi. In questā€™ultimo caso con il contributo decisivo di uno stato musulmano come lā€™Azerbaijan: una collaborazione che, ha ricordato il cardinale, auspica continua con il recupero dei sarcofagi delle catacombe di S. Sebastiano.

Le catacombe piĆ¹ vaste di Roma

Quelle di Domitilla sono le piĆ¹ vaste di Roma con unā€™estensione di 12 chilometri su 4 livelli in unā€™area di 10 ettari. Ci sono 26 scale, 39 lucernari, 228 cubicoli, 650 arcosoli e circa 26.250 tombe, quasi tutte usate piĆ¹ volte. Ci sono 82 dipinti tra cui 21 nei cubicoli, 20 negli arcosoli e 23 nelle pareti con loculi. Lā€™intervento di restauro presentato riguarda due ambienti particolari, il cubicolo dei fornai e quello dellā€™ā€introductioā€, cioĆØ dellā€™introduzione che purtroppo per il momento non saranno aperti al pubblico perchĆ© ĆØ necessario essere accompagnati dai ā€œfossoriā€, gli addetti alle gallerie che riprendono il nome proprio dagli antichi operai che si occupavano di tutte le attivitĆ  cimiteriali, sia materiali, dalla sepoltura alla decorazione delle tombe, sia amministrative.

Tecnologia laser

La caratteristica del restauro, come ha spiegato lā€™archeologa Barbara Mazzei, che ne ha diretto i lavori, ĆØ stata lā€™impiego, per la prima volta, del laser. Il risultato ĆØ stato sorprendente. ā€œIn realtĆ  il laser era stato usato su alcune concrezioni calcaree nel 2009 ā€“ ha spiegato la dottoressa Mazzei ā€“ ma qui per la prima volta ĆØ stato applicato alle patine scure che si erano formate per la combinazione del calcare con alghe, muffe e il fumo delle lampade. Il laser si basa su un principio di selezione cromatica che aggredisce le parti scure ma non gli altri colori. Il risultato ottenuto sarebbe stato impossibile con le tecniche tradizionaliā€. Lā€™operazione ĆØ iniziata nel 2010 nel cubicolo dei fornai ed ĆØ durata tre anni, proprio per la cautela impiegata dai restauratori. Nel cubicolo dellā€™ā€introductioā€, invece, le operazioni sono durate molto meno, da ottobre dello scorso anno ai giorni scorsi.

Il cubicolo dei fornai

Il ciclo di affreschi del cubicolo dei fornai ĆØ davvero splendido, con il racconto del trasporto del grano, lā€™arrivo a Ostia, il passaggio sul Tevere fino allo scarico e alla macinazione. Di fronte alla parete dā€™ingresso si staglia la figura di un personaggio che doveva avere un ruolo di primo piano nellā€™annona. Sulla volta spicca la ā€œfirmaā€ di Antonio Bosio, che nel Cinquecento riscoprƬ le catacombe. Non ĆØ lā€™unico ā€œgraffitoā€ che i restauratori hanno lasciato, a testimoniare la ā€œstoriaā€ delle visite nel corso del tempo. La tomba risale alla seconda metĆ  del IV secolo e vi si mescolano elementi pagani e cristiani. Da una parte cā€™ĆØ Cristo in trono con il collegio apostolico, dallā€™altra un personaggio che potrebbe essere la raffigurazione del Buon Pastore ma presenta elementi come alcuni ā€œgeniettiā€ di chiaro stampo pagano. La peculiaritĆ  delle catacombe di Domitilla, infatti, ĆØ proprio quella di nascere come ipogeo di una famiglia pagana, probabilmente quella dei Flavi (la ricostruzione, peraltro labile, ĆØ di un altro grande archeologo, Giovan Battista De Rossi), per poi lentamente diventare un cimitero cristiano. Addirittura in quello che era lā€™ingresso dellā€™ipogeo si trovano ancora a sinistra il pozzo necessario per i riti di sepoltura e a destra il triclinio in cui si consumava il ā€œrefrigeriumā€, il banchetto con cui si accompagnava lā€™anima del defunto. Elementi che sono stati poi mantenuti nella tradizione paleocristiana.

Il cubicolo dell'”introductio”

Lā€™altro cubicolo restaurato, piĆ¹ piccolo, ĆØ quello dellā€™ā€introductioā€: nella volta, in precedenza completamente annerita, sono rappresentati due defunti che vengono ā€œintrodottiā€, presentati a Cristo, raffigurato molto giovane, tra due santi che non sembrano essere Pietro e Paolo. Il prof. Fabrizio Bisconti, sovrintendente delle catacombe, ipotizza che si possa trattare di Nereo e Achilleo, i due soldati romani morti martiri allā€™epoca di Diocleziano in quanto obiettori di coscienza e sepolti nelle catacombe di cui in realtĆ  sono gli eponimi. Il restauro dei due cubicoli ĆØ costato circa 60.000 euro, interamente finanziato dalla Pontificia commissione di archeologia sacra.

Il museo

Lā€™altra novitĆ  presentata in anteprima ĆØ il piccolo museo di Domitilla, allestito nello spazio che il gesuita padre Ferrua aveva realizzato per evitare che il progettato ampliamento della via Ardeatina negli anni Cinquanta lambisse lā€™ingresso delle catacombe. Eā€™ un autentico gioiello, voluto dal prof. Bisconti e allestito in collaborazione con la dottoressa Raffaella Giuliani, ispettrice delle catacombe, che aprirĆ  nei prossimi giorni. Unā€™unica sala che sviluppa il tema ā€œil mito, il tempo, la vitaā€ attraverso lā€™esposizione di sarcofagi attici e reperti come diverse teste marmoree ripristinati in tutto il loro antico splendore per raccontare come dal mito pagano (Ettore, Achille, Patroclo), con lo scorrere del tempo (le stagioni) si giunga poi al significato cristiano della morte.

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