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Dalle archeo-scarpe alla “calceologia”

Sulle scarpe rosse di papa Benedetto XVI sono stati versati fiumi di inchiostro. “L’arte del calzolaio è una scienza”  diceva Platone e oggi il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt anticipa alla Stampa la nascita di una nuova scienza: la “calceologia” perché studiando del calzature si capisce molto di un'epoca. Fino al 19 aprile alla mostra “Ai piedi degli dei. L'arte della calzatura tra antica Roma, cinema colossal e moda contemporanea” sono esposte decine di modelli a Palazzo Pitti a Firenze, tra caligae romane, calzari delle star del grande schermo e modelli dei più celebri stilisti del Novecento.

Le principali tipologie

“Una passeggiata tra le robuste caligae dei soldati romani, i seducenti sandali delle cortigiane greche, i raffinati calzari indossati dagli dei oppure dall’aristocrazia romana; senza dimenticare la ricca varietà di calzature indossate dalle star dei colossal dedicati all’antichità, da Ben Hur al Gladiatore, e le più recenti creazioni di moda, ispirate dallo stile delle calzature del mondo classico e realizzate da protagonisti del fashion contemporaneo come Emilio Pucci, Salvatore Ferragamo, Yves Saint Laurent”, spiegano i curatori dell'esposizione Lorenza Camin, Caterina Chiarelli e Fabrizio Paolucci. La mostra, allestita nel museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti è incentrata su un tema tanto affascinante quanto inedito per raccontare gli infiniti ruoli che la scarpa ha rivestito in Occidente dai tempi antichi ai giorni nostri. Veri e propri protagonisti del percorso espositivo, formato da circa 80 opere (alcune delle quali giunte in prestito da importanti musei internazionali come il Louvre), sono gli esemplari delle principali tipologie di calzature usate nel periodo compreso fra il V secolo a.C. e il IV d.C. e testimoniateci sia su preziose opere d’arte, fra le quali rilievi e vasi dipinti, sia in originale, come gli eccezionali reperti provenienti dal forte romano di Vindolanda nell’Inghilterra del nord. L’antico è messo a diretto confronto con il contemporaneo. Scarpe di alcuni tra i più grandi stilisti (come Genny, Céline, Richard Tyler, Renè Caovilla, Donna Karan) saranno esposte insieme ai modelli originali realizzati dalla più celebre manifattura italiana di calzature per il cinema, il calzaturificio Pompei, per alcuni dei film peplum divenuti veri e propri cult: si potranno ammirare i sandali di Liz Taylor-Cleopatra, i calzari di Charlton Heston-Ben Hur, quelle del Gladiatore Russell Crowe, le calighe dell’Alexander-Colin Farrell. “Ai piedi degli dei” trova il suo naturale completamento nella multivisione, ideata e diretta da Gianmarco D’Agostino (Advaita Film) per immergere il visitatore in un universo di immagini in cui archeologia, fashion si fondono con i miti del grande schermo. 

Non un semplice dettaglio 

Nel mondo classico la foggia delle calzature costituiva spesso connotazione tipica di ben precise categorie sociali. Le caligae chiodate, ad esempio, erano usate prevalentemente dai soldati perché ideali per le lunghe marce, mentre i calcei, simili a bassi stivaletti e spesso vivacemente colorati se indossati dalle donne, connotavano le classi più elevate (patrizi, senatori e imperatori). Le fonti tramandano che le cortigiane, invece, erano solite indossare sandali che recavano, sul lato inferiore della suola, dei chiodini disposti in maniera tale da lasciare sul terreno un’impronta con la scritta “seguimi”. La seduzione, del resto, è da sempre un aspetto connaturato con questo capo dell'abbigliamento che, non a caso, svolgeva un ruolo simbolico di primo piano anche nel rito nuziale antico. E già nel mondo antico, la scarpa era protagonista di favole come quella di Rodopi, diretta antenata di Cenerentola, raccontata per la prima volta da Erodoto e poi da Strabone. Fin da allora, inoltre le calzature sono protagoniste di modi di dire. Cicerone, in una delle sue Filippiche, usa l'espressione “mutavit calceos” per dichiarare il mutamento del rango sociale di un personaggio, divenuto senatore, dal momento che i calcei dei senatori differivano da quelli dei patrizi.

Una vera scienza

Afferma il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: Da sempre l’Uomo ha voluto riversare nelle calzature, strumento umile e quotidiano, un riflesso di quei principi di armonia e simmetria che governavano il gusto classico. La scarpa divenne cosi essa stessa opera d’arte, un oggetto plasmato più per esigenze estetiche che pratiche. Proprio per illustrare compiutamente questo ‘destino’ della calzatura, i cui presupposti sono già nel mondo greco-romano, si è voluto allargare il tema di questa mostra a due espressioni della cultura contemporanea intimamente legate fra di loro: il cinema e la moda. Sotto il segno della classicità, i curatori hanno esplorato questo inedito aspetto della “Fortuna dell’Antico”, recuperando suggestioni, echi e consonanze che, attraverso le pellicole di film come Cleopatra e l’ispirazione di stilisti, creano un inaspettato legame fra passato e contemporaneità”. Fabrizio Paolucci, curatore della mostra e direttore del Dipartimento Antichità degli Uffizi aggiunge“La scarpa non è soltanto un accessorio e questo concetto era ben chiaro già agli antichi, al pari dell’abilità che richiedeva il realizzarle. Platone, ad esempio, non esitava a definire l’arte del calzolaio una vera e propria scienza. Con la sua foggia o i suoi colori, questo indumento raccontava tutto della persona che le indossava: il sesso, la condizione economica, la posizione sociale e il lavoro. Quel che è stato sempre considerato un semplice dettaglio del vestiario, diviene ora il protagonista di un’esposizione, il cui fine è proprio quello di restituire alla scarpa il suo ruolo di prezioso documento del gusto e della tecnica del mondo greco-romano”.

Senza sciatterie

Una mostra che, allargando il discorso, ha centrata una rilevante questione, non solo stilistica. A rafforzare l'importanza del dettaglio, per inciso, sono nella recente “storia delle calzature” le scarpe rosse di papa Ratzinger. Un modo di rapportarsi al mondo circostante solidamente ancorato alla tradizione e a una sobria e distaccata alterità rispetto alle mutevoli e fugaci sensibilità estetiche della contemporaneità, in linea con una ricercatezza formale che non disdegnava capi di abbigliamento e accessori desueti, bollati come eccessivamente leziosi e antimoderni, come i pastorali ottocenteschi e le scarpe rosse. Mai nessuna concessione a sciatterie demagogiche, pose terzomondiste, ostentazioni di trascuratezza pauperista.  Molti rilievi sono stati mossi al Papa emerito da ambienti progressisti del cattolicesimo e derivavano dal fatto che Benedetto XVI utilizzava i paramenti indossati dal suo lontano predecessore Pio IX, l’ultimo Papa re dello Stato Pontificio e, più in generale, dal suo abbigliamento. Basti citare appunto un accessorio in particolare: le famosissime scarpe rosse che inizialmente furono scambiate per un prodotto di Prada ma che poi si venne a sapere che erano state fatte a mano da Adriano Stefanelli, l’artigiano di fiducia del Papa che realizzò per lui cinque paia di scarpe, tra cui le pantofole da casa e le scarpe da montagna. “Rivedere il Papa è sempre una grande emozione. Ho notato che le sue scarpe erano consumate, segno che sono comode, che vanno bene e questa per me è la soddisfazione più grande”, ricordò Stefanelli. “Sottana bianca e scarpe rosse. È questo l'abbigliamento rigorosamente previsto per il Papa. E non da ora: almeno dal XIII secolo, come indicato dal Rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durando del 1286”, sostiene Marzia Cataldi Gallo, storica dell'arte, una delle più importanti esperte internazionali di tessuti. 

 

 

 

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