Finalmente è definitiva la paternità del quadro “La Madonna del Divino Amore”: è di Raffaello. Se già Giorgio Vasari nel ‘700 attribuiva a questo artista il dipinto, guardandolo tra l’altro estasiato, gli anni non sono stati così gentili da lasciarlo inalterato. Infatti la conservazione non ottimale e i restauratori che ci avevano messo mano con imperizia avevano creato uno strato scuro, di vernici materiche che poco si addicevano al pittore del ‘500. Per questo quando alla fine del 1800 il dotto Cavalcaselle tornò a rivederlo disse che non era stata la mano del maestro a dipingerlo, ma qualcuno della sua scuola, forse Giulio Romano o Giovan Francesco Penni. Il verdetto sembrava anche comprovato dal ritrovamento di un grande cartone, ritenuto preparatorio.
Per fortuna i mezzi odierni ci sono venuti incontro: dopo un sensibilissimo restauro, a cura di Angela Cerasuolo, che ha eliminato ogni aggiunta che non era dell’originale, e degli studi a raggi X, radiografie e riflettografie, si è finalmente ricondotta la paternità del dipinto. Allora è iniziato un tour di lusso, dal Louvre al Prado, dedicato all'”ultimo Raffaello”, che ha visto tra l’altro le più autorevoli consulenze dei più attendibili raffaellisti al mondo. Si è inoltre scoperto che il cartone ritrovato non poteva essere preparatorio, ma una copia per venire incontro alla cupidigia dei collezionisti che volevano possedere un’opera così prestigiosa del maestro.
Adesso è la volta dell’Italia, infatti quest’opera magnifica è giunta al Lingotto di Torino, alla Pinacoteca Agnelli, con il contributo di Fabrizio Vona, Patrizia Piscitello e Marina Santucci, a sancire una lunga amicizia tra la famiglia Agnelli e il Museo di Capodimonte. La mostra ha avuto inizio martedì 17 marzo e si farà ammirare fino al 28 giugno.