Mancherà a tutti il suo volto tirato, il capello corto e platinato, unica trasgressione pop rock di quegli anni Ottanta che l'hanno collocata nell'Olimpo delle icone musicali. Oggi, Marie Fredriksson, la voce del duo svedese Roxette, non c'è più. Dopo 17 anni di lotta contro un tumore al cervello, la cantante non ce l'ha fatta: aveva, in realtà, già stupito i medici, che le avevano pronosticato un anno di vita. Lei, tenace e algida, li aveva ammutoliti tutti, vivendo sedici anni in più e pubblicando tre singoli.
Il mondo aveva bisogno della sua voce, che sdoganava il cliché del gelo scandinavo. Le sue note erano state ben accolte negli Usa, tanto quanto quelle del quartetto – pure svedese – degli Abba. Quasi un anno fa era stata la volta di Dolores o'Riordan, la voce del gruppo irlandese Cranberries. Due volti che equivalgono a due paradigmi di un nord che, nell'ombra del sole calante, sa mostrare il calore umano. Sarà per questo che i Roxette sdoganarono quella loro appartenenza svedese nell'immaginario a stelle e strisce, diventando una voce universale così come lo furono, a suo tempo, Springsteeen o i Beach Boys.
Un repertorio pop, mai banale, a cui contribuiva una voce singolare, fuori dal comune. Forse questo ci mancherà di quella donna impavida, perché ha avuto il coraggio di gridare al mondo la sua malattia, di combattere il cancro fino alle sue ultime note: la bellezza di mostrare l'amore, come cantò nella colonna sonora di Pretty Woman, dando a quel genere pop inflazionato dagli stereo e dai walkman una sfera intima, in cui c'era ancora posto per sognare di poter essere diversi da ciò che imponeva la società: “It have must been love”, appunto.