Comunque io certe volte penso che anche se Napoli, quella che dico io, non esiste come città, esiste sicuramente come concetto, come aggettivo”. Così parlava Luciano De Crescenzo, attraverso le pagine del suo romanzo cardine, quello in cui a parlare era il professor Bellavista, nelle sue singolari lezioni sull'umanità, divisa “in chi si fa la doccia e chi si fa il bagno” o, più semplicemente, tra quelli che prendono il caffè o non lo prendono. Semplice e immediata chiave di lettura per chi dal Nord scendeva verso Napoli, “la città più Napoli che conosco e che dovunque sono andato nel mondo ho visto che c'era bisogno di un poco di Napoli”. Nemmeno il tempo di piangere Andrea Camilleri che se ne va anche lui, il filosofo vesuviano che parlava attraverso la sua città, nonostante da tempo vivesse a Roma. Fra un mese avrebbe compiuto 91 anni De Crescenzo, uno che ha vissuto la vita dell'ingegnere e quella della filosofia, fondendole insieme per ottenere il grimaldello giusto per riuscire a leggere la società contemporanea, quella che passava nell'era del futuro avveniristico con ancora indosso gli abiti della vecchia tradizione.
Uno stile d'eccezione
De Crescenzo ha provato a raccontare quella società lì, leggendola per la prima volta nel 1977 con Così parlò Bellavista, singolare esperienza letteraria, con un viceportinaio che impartisce lezioni di vita parlando della napoletanità e di chi è uomo che ama e chi invece non lo è. Concetto che riprenderà spesso (nel 2014, con Ti porterà fortuna. Guida insolita di Napoli, ma anche con il suo ultimo lavoro, Napolitudine), raccontando il mondo attraverso la lente della sua città. Non solo questo, ovviamente. Nel 1985 la sua prima esperienza alla regia fu proprio con il suo Bellavista, che mise in scena mettendo subito a referto un David di Donatello. Uno stile ironico e pungente, intriso di capacità di lettura e di satira, che lo porteranno a raccontare in chiave del tutto innovativa alcuni dei pilastri della cultura occidentale, come i miti greci e la filosofia medievale. Con la stessa voce di quando raccontava la sua Napoli, quella di “ieri notte e domani mattina”.