Oggetti d’arte di straordinaria fattura provenienti dagli scavi di Persepoli, la più bella e maestosa città distrutta da Alessandro Magno nel 330 a.C., saranno eccezionalmente esposti in una grande mostra allestita dal 25 giugno al 30 settembre negli spazi del Museo Nazionale Archeologico di Aquileia. Per il ministro Franceschini si tratta di una rassegna “di grande significato perchè costituisce la prima opportunità di apprezzare in Europa reperti provenienti da Persepoli e dal Museo Nazionale di Teheran dopo la firma dell’Accordo sul Nucleare iraniano”.
Intitolata “Leoni e Tori dall’antica Persia ad Aquileia”, l’esposizione è stata realizzata dalla Fondazione Aquileia in collaborazione con il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia e rientra nell’ambito del ciclo “Archeologia Ferita”, avviato lo scorso anno dalla mostra incentrata sui reperti provenienti dal museo tunisino del Bardo. La mostra, come afferma il presidente della Fondazione Antonio Zanardi, è dedicata all’arte achemenide e sasanide, con pezzi di eccezionale rilievo provenienti dall’Archeologico di Teheran e da quello di Persepoli, ma, sottolinea, “non si collega direttamente alle tragiche vicende del passato recente e dell’attualità nel Mediterraneo e nel Medio Oriente”.
Per individuare l’autore delle ferite e della distruzione della capitale dell’impero di Dario, prosegue Zanardi, è “necessario risalire sino al IV secolo a.C. e ad Alessandro Magno, molto lontano dunque dal terrorismo e dalla violenza dei nostri giorni”. Eppure, a ben guardare, la maggior parte del patrimonio archeologico del mondo e’ proprio originato “da una ferita, da devastazioni, dalla volontà di cancellare l’identità del nemico o, semplicemente, dell’altro”. La stessa Aquileia, simbolo di convivenza nei primi secoli dopo Cristo, cadde vittima della furia di Attila e delle popolazioni che venivano dall’Oriente. E, come in un sottile filo rosso che attraversa la storia, medesima sorte di distruzione era toccata a Cartagine, a pochi chilometri da Tunisi, dove si trova il Museo del Bardo.
La rilevanza della mostra sta soprattutto nell’essere composta esclusivamente da reperti provenienti dall’Iran e non, come le maggiori iniziative del genere, con opere già presenti in musei europei. In particolare, molti dei pezzi allestiti non sono mai usciti dai musei iraniani, come la gigantesca zampa di leone in porfido, la testa di un bovino proveniente dai depositi di Persepoli e molti degli oggetti in oro, tra cui il magnifico bracciale con due teste leonine. Questi preziosi reperti, del resto, coprono un arco temporale assai lungo e sono testimonianza di due dinastie fondamentali dell’Iran pre-islamico, gli Achemenidi e i Sasanidi, e dello sfarzo delle corti persiane che lasciarono stupefatti persino gli autori greci che descrivevano le bellezze e la grandiosità di regge e città.
Ecco dunque che si possono ammirare per la prima volta uno accanto all’altro pezzi straordinari di oreficeria achemenide, come il rithon d’oro con leone alato, la daga aurea, il bracciale con due teste leonine, il piccolo toro e le placche di straordinaria fattura orafa. Anche le parti scultoree esposte ad Aquileia vogliono sottolineare l’incredibile potenza figurativa di quell’arte. Senza contare che, trattandosi di frammenti la mostra riesce in questo modo a evocare il concetto di arte e civiltà ferite. Come recita il titolo, le raffigurazioni, a partire dalle più antiche, riguardano soprattutto i tori e i leoni, in un forte collegamento con le tradizioni mesopotamica, elamita e persino quella del mondo iranico dell’Età del Ferro, in cui la presenza di elementi animalistici è ovviamente connessa a un’origine nomadica. Eccezionale dunque la lastra di bronzo raffigurante una serie di leoni alati, che costituiva il fiancale di un carro da guerra achemenide, per non parlare del piatto d’argento raffigurante una scena di caccia al leone, tra l’altro uno dei pochi pezzi sasanidi esposti, che a sua volta evidenzia il perdurare di grandi capacita’ espressive fino ai secoli che hanno preceduto la nascita del mondo islamico