Nel dialogo “Crizia” di Platone, l’oricalco è un metallo rossastro, estratto da Atlantide ed era considerato secondo per valore solo all’oro. In numismatica è una lega di rame e zinco, simile all’ottone, usata per coniare il sesterzio e il duopondio. E proprio di questo “fantastico” materiale, sono composti i 39 lingotti, risalenti al sesto secolo avanti Cristo che sono stati recuperati nella porzione del mare di Gela, che bagna le coste della contrada Bulala. I sub dell’associazione culturale “Mare Nostrum” li hanno rinvenuti vicino al relitto di una nave scoperta tempo fa nei fondali gelesi. Grazie anche alla collaborazione dei sommozzatori della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza e della Soprintendenza al mare, oltre ai lingotti che pesano circa un kg ciascuno, sono stati tolti agli abissi marini anche una statuetta votiva della dea Demetra e una piccola macina di bordo in pietra lavica.
“Questa scoperta – ha dichiarato Sebastiano Tusa, sovraintendente del Mare della Regione Sicilia – dimostra come Gela era una città particolarmente ricca, dove veniva lavorato un artigianato di qualità. L’oricalco, dopo l’oro e l’argento, veniva considerato un metallo fra i più preziosi. Venne utilizzato per la prima volta da Platone. Veniva impiegato per decorazioni di particolare pregio, soprattutto per armature e templari. Ha un colore molto simile all’oro. Proveniva con tutta probabilità dall’Asia minore o dalla Grecia”.