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Covid Italia: l’app immuni sperimentata in quattro regioni pilota

App scaricata da due milioni di italiani, sicura e anonima, è garantita la privacy dei dati

L’applicazione Immuni “è già attiva su tutto il territorio, su scala nazionale, e oggi inizia la sperimentazione in quattro Regioni”, dove “parte il sistema sanitario e gradualmente entreranno le altre a livello nazionale”. Lo ha detto la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano. L’app, ha spiegato Pisano, “è stata accolta bene dai cittadini, che ne hanno apprezzato la semplicità di utilizzo e anche l’utilità. Ad oggi è stata già scaricata da più di 2 milioni di persone“. L’invito della ministra è quello a scaricare Immuni  perché “è utile in questo momento di ripresa delle attività, per muoversi in sicurezza e diminuire la probabilità di nascita di focolai improvvisi e soprattutto per tutelare noi stessi e le persone a noi care”. Inoltre, ha spiegato, “attraverso l’app possiamo anche avvisare le persone con cui le quali viviamo, ad esempio sul posto di lavoro o che incontriamo perché magari prendiamo insieme a loro l’autobus”. “Maggiore è il numero delle persone che scarica l’app e maggiore è la possibilità che si sia avvisati qualora si entri in contatto con un caso positivo”, ha proseguito Pisano, sottolineando come l’app sia stata “sviluppata nel pieno rispetto della normativa sulla privacy italiana ed europea”. E, ha rimarcato, “abbiamo promosso anche una normativa, all’interno del governo, che oggi è alla valutazione del Parlamento e mi auguro che ci sia una convergenza tra maggioranza e opposizione quanto prima”.

Abruzzo, Liguria, Marche e Puglia sono le prime regioni a testare il funzionamento del contact tracing Immuni, che ha avuto anche il via libera, nei giorni scorsi, da parte del Garante per la Privacy. La app arriva alla linea di partenza non senza una scia di polemiche e inciampi tecnici. Ha dovuto superare le critiche alle icone sessiste che ritraevano una mamma con il bambino e l’uomo davanti al pc, poi cambiate nel giro di una mattinata. In seguito sono arrivati i problemi legati alla tipologia di smartphone, in alcuni casi incompatibili per scaricare la app e su cui si è concentrato il lavoro di questi giorni per cercare di arrivare pronti al D-day.
In particolare, Immuni usa la tecnologia per le notifiche di esposizione messa a disposizione da Apple e Google. Questa tecnologia determina i requisiti di sistema per scaricare e usare Immuni. Per quanto riguarda i problemi sugli smartphone Huawei, “non dovuti all’app”, si spiega nelle Faq di Immuni, si è lavorato sulla risoluzione e la app è stata resa disponibile sui primi modelli ed entro lunedì, secondo le informazioni rese la scorsa settimana, sugli altri.

Accelerare su ‘caccia’ a asintomatici

“Bisognerebbe cominciare a dare la caccia agli asintomatici con una strategia nazionale, che in una fase come questa sono più importanti di chi il virus ce l’ha”. Lo ha detto Arcuri ribadendo che ad oggi l’Italia è in grado di effettuare 92mila tamponi al giorno a fronte di una capacità, nell’ultimo mese, di 62mila al giorno. “I test molecolari sono l’unica vera componente per dire se c’è contagio o pure no e su questo bisognerebbe fare la caccia agli asintomatici – ha ribadito – Oggi su questo siamo meno impreparati di come eravamo a marzo, dunque dobbiamo preparaci e in questa fase accelerare”. Arcuri ha poi sottolineato che è necessario “far pagare i test sierologici un prezzo accettabile”. Siamo usciti dalla fase acuta. Ora siamo passati alla fase della convivenza con il coronavirus”. Lo ha affermato il viceministro della Salute Sileri. In Italia sono 197 i nuovi contagi, per un totale di 234.998 casi. I guariti salgono a 165.837. Crescono le vittime nel mondo: sono oltre 400mila.

Arcuri: “Emergenza finirà col vaccino”

Ma questo non vuol dire che l’epidemia fa parte del passato, come ricorda il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri. Questi numeri non significano che l’emergenza è finita: “L’emergenza finirà solo quando verrà scoperto il vaccino e quando sarà prodotto in maniera sufficiente per rendere immuni tutti i cittadini che devono esserlo”. Ecco perché, dice ancora Arcuri, “bisogna continuare ad essere responsabili: gli italiani sono stati straordinari in questi mesi e con i loro comportamenti hanno permesso di uscire dal lockdown e di iniziare una nuova fase. Ora dobbiamo continuare su questa strada”.

Sileri: “La fase acuta è passata”

“Siamo usciti dalla fase acuta – conferma il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri – Quella come l’abbiamo vissuta fino ai primi di maggio non c’è più e ora siamo in una fase di convivenza con il Covid-19, con una situazione che è molto sotto controllo grazie alle misure adottate”.

Il Veneto “pasticcia” sui numeri

Non c’è tra queste il Veneto nonostante il  bollettino locale indichi zero morti. Secondo la Regione le vittime sono 1.954, lo stesso numero di sabato. Ma dal bollettino diffuso dalla Protezione Civile, che riporta gli stessi dati che le Regioni inviano al ministero della Salute entro le 17, le vittime sono sì 1.954, ma si tratta di 5 in più di sabato, quando erano 1.949. Non solo: stando ai numeri ‘statali’, c’è un nuovo caso in Veneto (da 19.182 a 19.183) mentre la Regione prima ha sostenuto di non avere nuovi contagiati e poi, correggendo, ha parlato di 3 casi, portando il totale a 19.186 sostenendo che si tratta di “dati che verranno inviati al ministero della Salute”. Ma la confusione sui numeri è confermata anche dai dati di altre Regioni: il Piemonte, ad esempio, indica 7 nuove vittime ma nel bollettino regionale parla di zero morti nelle ultime 24 (dunque un riconteggio). L’Umbria, invece, nei dati diffusi a livello regionale parla di 1319 guariti e 37 attualmente positivi mentre nei dati nazionali ci sono 1.327 guariti e 29 positivi.

Anche la Lombardia cala ma i suoi numeri sono sempre la maggioranza

L’incremento dei nuovi contagiati è in calo anche in Lombardia, ma se la Regione continua a fare una corsa a sè: dei 197 casi totali ce ne sono 125, il 63,4% del totale. E ci sono 21 dei 53 nuovi morti, il 39,6% di tutte le vittime in Italia. “Non vedo un problema Lombardia – dice però Sileri – anzi vedo numeri in calo, con terapie intensive vuote. I focolai possono essere ovunque e, nel caso, andranno prese misure di contenimento chirurgiche e mirate.

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