Un esercito di nuovi poveri. E’ questo – in sintesi – il risultato del nuovo report uscito oggi della Caritas Italiana sull’impatto dell’emergenza coronavirus in Italia. Il periodo preso in considerazione va da marzo a maggio 2020, vale a dire i mesi più difficili della pandemia.
Quanti sono i nuovi poveri
Nel trimestre passato, la Caritas ha assistito quasi 450.000 persone, di cui il 61,6% italiane. Di queste, il 34% sono i cosiddetti “nuovi poveri”: persone che hanno chiesto aiuto per la prima volta all’organismo pastorale della Cei. Diverse le risposte alle richieste. Oltre 92.000 famiglie in difficoltà hanno avuto accesso a fondi diocesani. Di queste, 3.000 famiglie hanno usufruito di attività di supporto per la didattica a distanza e lo smart working. Inoltre, 537 piccole imprese hanno ricevuto un sostegno economico per superare le difficoltà economiche.
Chi sono i nuovi poveri
Rispetto alle condizioni occupazionali, i nuovo poveri che si sono rivolti ai centri Caritas sono per lo più persone con problemi di lavoro. Dai disoccupati in cerca di nuova occupazione, alle persone con impiego irregolare fermo a causa della pandemia fino ai lavoratori saltuari che non godono di ammortizzatori sociali. Ma anche lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione, lavoratori autonomi o stagionali in attesa del bonus statale, pensionati, inoccupati in cerca di prima occupazione e casalinghe.
La rilevazione
La seconda rilevazione nazionale è stata condotta dal 3 al 23 giugno e ha riguardato il 77% delle Caritas del territorio nazionale, intervistate attraverso un questionario strutturato destinato ai direttori dei centri. L’indagine ha evidenziato come siano cambiati i bisogni e le esigenze delle famiglie e dei singoli in pandemia, intercettate grazie alle richieste d’aiuto presentate nei Centri d’ascolto.
I servizi offerti
I servizi offerti sono stati molteplici. Nel rapporto vengono citati, tra gli altri, alcuni prettamente specifici al difficile periodo vissuto. Sono: dispositivi di protezione individuale, pasti da asporto, acquisto farmaci e prodotti sanitari, assistenza domiciliare e ospedaliera, attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi, servizi di supporto psicologico, servizi per senza dimora, aiuto per lo studio, alloggio per quarantena e accompagnamento alla dimensione del lutto. Tutto questo è stato reso possibile grazie al fiorire di iniziative di solidarietà e al contributo che la Conferenza Episcopale Italiana (Cei) ha messo a disposizione dai fondi dell’otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica. Fondamentale è stato l’apporto del volontariato. Migliaia di persone – tra cui molti giovani – hanno donato il loro tempo e garantito la prosecuzione dei servizi sostituendo molti over 65 che in via precauzionale rimanevano a casa.
Tributo di sangue
Anche la Caritas ha versato il suo tributo di sangue al coronavirus. Tra operatori e volontari, infatti, sono stati 179 quelli positivi al Covid-19, di cui 95 ricoverati e 20 deceduti. Da segnalare, infine, che il 28,4% delle Caritas, con la fine del lockdown, sta registrando un calo delle domande di aiuto. Un primo piccolo passo verso la normalità.