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Coronavirus, in America Latina i casi crescono ma con meno forza

In America Latina i contagi di coronavirus sono 2.530.106 (+45.474 in 24 ore) e il numero di morti è salito a 113.689 (+1.755). E' record negativo in Argentina

E’ sempre netta la crescita della curva della pandemia da coronavirus in America Latina. Ma – negli ultimi due giorni – sembrerebbe avere minore forza. Lo si evince sia dal numero dei contagi, ora 2.530.106 (+45.474 in 24 ore), sia per il numero dei morti, che sono 113.689 (+1.755). Sempre cifre altissime ma meno di prima, segno che forse almeno il Brasile stia iniziando la lunga uscita dal tunnel della pandemia.

Brasile

I dati emergono dall’elaborazione statistica realizzata quotidianamente da Ansa sui dati ufficiali delle ultime 24 ore in 34 fra nazioni e territori in America Latina colpiti da coronavirus. Il Brasile, primo Paese in America Latina e secondo nel mondo per contagi e morti, lascia presagire questa moderazione con un incremento di 24.052 casi, dopo i 30.476 di ieri, per un totale di 1.368.195. Lo stesso vale per i decessi, saliti a 113.689, dopo il +552 di ieri e il +692 di oggi, ossia cifre molto al di sotto di quelle medie delle scorse settimane. Secondo i dati ufficiali, lo Stato di Amazonas – il primo in ordine di tempo colpito dalla pandemia – ha avuto un drastico calo della mortalità tra i pazienti affetti da coronavirus. Attualmente nello Stato i malati ricoverati sono 310. Intanto, fa discutere l‘ultimo video diffuso sul web in cui si vede una folla oceanica al raduno del presidente brasiliano, Nicolas Maduro. Nessuno usa la mascherina, neppure il presidente, che – per primo – ignora l’obbligo imposto dai giudici carioca per contenere la diffusione del Covid-19 nel Paese.

Il coronavirus in America Latina

Dopo il Brasile, i Paesi più colpiti sono Perù (282.365 e 9.504) e Cile (275.999 e 5.575), e quindi altri paesi con più di 30.000 contagi: Messico (220.657 e 27.121), Colombia (95.043 e 3.223), Ecuador (55.665 e 4.502),Argentina (62.268 e 1.280), Repubblica Dominicana (31.816 e 726), Panama (31.686 e 604) e Bolivia (31.524 e 1.014). Il Messico è il Paese che desta particolari preoccupazioni per l’altissimo incremento di nuovi casi positivi giornaliero. Ieri infatti il Paese ha registrato ben 4.050 nuovi positivi al Coronavirus e 267 decessi in 24 ore.

Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ad un raduno

Record di morti in Argentina

Nelle ultime 24 ore sono morte 48 persone con coronavirus in Argentina. Rappresentano il record negativo di numero di decessi in un giorno da quando è scoppiata la pandemia nel Paese, lo scorso marzo. Le vittime sono ora salite a 1.280, mentre i casi di contagio hanno raggiunto quota 62.268. In un comunicato il ministero della Sanità ha indicato che 535 pazienti si trovano in rianimazione con una percentuale di occupazione del 50,6% della disponibilità di letti nella capitale Buenos Aires e del 55,9% di quelli dell’Area metropolitana (Amba, capitale più la periferia). Le statistiche recenti hanno confermato che l’Amba raccoglie il 95% dei casi di coronavirus che si manifestano in questi giorni in Argentina. Per questo da domani – giovedì 1 luglio – partirà una nuova fase di lockdown stretto che durerà fino al 17 luglio per tutta l’aerea. Nello specifico, riportano i media locali, verrà limitata la circolazione delle persone; solo gli addetti ai servizi necessari avranno accesso alla rete dei trasporti pubblici. Rimarranno aperti esclusivamente gli esercizi di beni primari: farmacie, alimentari, supermercati, stazioni di servizio. Bar e ristoranti effettueranno solo cibo da asporto. I circa 70.000 negozi che avevano riaperto nella ‘fase due’ dovranno nuovamente invece chiudere i battenti, con una ricaduta economica negativa ancora tutta da calcolare.

Oms: “Il peggio deve ancora arrivare”

Non ha parole incoraggianti il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Nel consueto briefing sul Covid-19, ha infatti detto senza mezzi termini che “Il peggio deve ancora arrivare”. “Mi dispiace dirlo – ha detto Ghebreyesus – ma con questo ambiente e in queste condizioni, noi temiamo il peggio”. “Un mondo diviso – ha spiegato il numero no dell’Oms – aiuta il virus a diffondersi. Sin dall’inizio abbiamo detto di mettere in quarantena la politicizzazione della pandemia e di restare uniti perché il virus è veloce e uccide e può sfruttare le divisioni tra di noi. Il nostro messaggio non riguarda nessun Paese in particolare ma riguarda tutto il mondo”, ha ribadito il direttore. Un appello, quello dell’Oms che, cifre alla mono, non è stato ascoltato.

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