Stavolta la “sorpresa” non è la voce “positiva” accanto al quantitativo di beta Hcg – ormoni che sanciscono l'insorgenza di una gravidanza – ma una diagnosi terrificante: cancro. La gioia si tramuta in panico. Svaniscono i sogni e le aspettative legate alla prossima maternità. Si dileguano i programmi a lunga scadenza. E la prospettiva di una scelta fra la propria sopravvivenza e quella del bambino portato in grembo diventa realistica.
L'evento
Sono centinaia le donne in Italia che affrontano l'incubo di un tumore mentre si trovano in stato interessante. Ma rispetto a qualche anno fa le possibilità superare indenni la malattia, senza per questo danneggiare il feto, sono cresciute in modo esponenziale. Se ne è parlato durante la conferenza “Gravidanza e cancro: diventare genitori dopo una diagnosi oncologica”, promossa su inizativa della senatrice Alessandra Gallone (componente 13° Commissione Ambiente e vicepresidente del gruppo di Forza Italia al Senato), andata in scena nella sala “Caduti di Nassiryia” di Palazzo Madama. La prima a prendere la parola è stata la stessa Gallone che, dopo i ringraziamenti di rito, ha annunciato la presentazione dei risultati di una “importante ricerca” sul tema “svolta da un'equipe di psicologi, coadiuvati da oncologi”. I saluti istituzionali sono proseguiti con l'intervento della senatrice Paola Binetti (Comm. Igiene e Sanità), che ha definito quello della malattia in gravidanza “il primo grande tema di bioetica affrontato dalla mia generazione”. Il dilemma che si pone in questi casi, ha spiegato, è “chi salvare?”. La risposta più facile sembra quella “dell'aborto“, ma non è così, perché “dirimente è la relazione che si crea fra madre e bambino quando la vita di entrambi è in pericolo” ha aggiunto. Fondamentale allora diventa il sostegno alla ricerca, che ha compiuto passi da gigante, assicurando maggiori possibilità di sopravvivenza a entrambi i soggetti a rischio. La senatrice Maria Rizzotti, nella sua duplice veste di membro della Commissione Igiene e Sanità e di chirurgo, ha ricordato che “in Italia 48mila donne ricevono diagnosi di carcinoma alla mammella. Più del 90% raggiunge totale guarigione“. Fondamentale, in questi casi, è il supporto psicologico, “necessario per alleggerire il trauma“.
I medici
Il dibattito vero e proprio è stato moderato dal prof. Giuseppe Nastasi, direttore di Struttura Complessa Uo Oncologia, dell'Asst Bergamo Est. “Venti anni fa una diagnosi di cancro avrebbe precluso la genitorialità – ha ricordato – oggi si può diventare padri e madri dopo il tumore e si può portare avanti una gravidanza con questa malattia“. La psicologa e psicoterapeuta Lucia Bonassi, da parte sua, ha sottolineato che “la diagnosi di cancro mina la costruzione del legame prenatale fra madre e figlio, andando a indebolire i fattori protettivi necessari per la donna durante la gravidanza e nel primo anno di vita”. Diventa, dunque, fondamentale un sostegno psicologico alla donna. Il concetto è stato approfondito dalla prof.ssa Chiara Ionio (Università Cattolica di Milano). “L'innalzamento del cortisolo (dovuto alle cure ndr) può alterare il temperamento del bambino – ha spiegato – andando a inficiare la relazione con la madre“. La prof.ssa Gabriella Pravettoni (Istituto europeo di oncologia), da parte sua, ha chiesto “maggior supporto al governo per sostenere il paziente e prevenire il “burnout (stress lavorativo ndr) degli operatori sanitari”. Oggi, ha aggiunto, “la figura dello psicologo è stata riconosciuta solo nelle unità di senologia”. I centri all'avanguardia, poi, “sono pochissimi”. Silvia Von Wuster (Uo Ostetricia e Ginecologia, Asst Bergamo est) ha sollevato la questione della “conservazione della fertilità” (es. congelamento degli ovuli). Un problema che va “affrontato immediatamente, anche a fronte di un semplice sospetto diagnostico”. L'ultimo a prendere la parola è stato il prof. Giovanni Codacci-Pisanelli (Università La Sapienza di Roma). “Venti anni fa cancro e gravidanza non si potevano mettere insieme – ha ricordato – le alternative erano l'aborto o il sacrificio della madre. Ora la gravidanza dopo un timore alla mammella non è più pericolosa. Ed è possibile essere sottoposti a chemioterapia senza danni per la donna e per il bambino”.
La ricerca
Diversi dati interessanti emergono dalla ricerca presentata e condotta su circa 300 soggetti, di cui 80 papà e 220 mamme, 60 delle quali appartenenti a un campione clinico, hanno cioè ricevuto una diagnosi oncologica in gravidanza o precedentemente. Un tema interessante è quello dell’allattamento. Solo il 14% delle donne con cancro pregresso allatta esclusivamente al seno, mentre il 23% utilizza, in aggiunta, anche latte artificiale. Nessuna delle donne con tumore in gravidanza, invece, allatta al seno. L’idea e la possibilità di non essere in grado di allattare al seno, spiega lo studio, genera una sensazione di timore circa la possibilità di costruire una relazione intima e positiva con il nascituro. In termini di dati questa ricerca rappresenta un’importante osservatorio sulla gravidanza e sulla salute psichica della donna in gravidanza, non solo delle donne con esperienze di gravidanza complessa.
Ansia e stress
Non solo: i primi dati della ricerca dimostrano come in donne con pregressa o attuale patologia oncologica ci siano alti livelli di ansia durante la gravidanza, i quali possono essere associati ad una qualità della vita più bassa nei mesi successivi al parto. Inoltre quando sono presenti pensieri intrusivi e ricorrenti durante la gravidanza si può osservare un aumento del livello di stress genitoriale, una forte percezione di avere un figlio difficile e un aumento del rischio di comportamenti disfunzionali nel genitore, come per esempio la scarsa cura e attenzione verso il bambino/a. La paura più ricorrente, fra le donne con tumore pregresso, è quella di una possibile recidiva. Quelle con cancro in gravidanza, invece, temono di poter recare problemi di salute al proprio figlio/a a causa delle terapie oncologiche in corso. Spesso queste donne devo cercare un delicato equilibrio con il loro oncologo tra promuovere la propria sopravvivenza e quella del proprio figlio. Sono molte anche le preoccupazioni riguardo l’allattamento; se per alcune donne non è più una scelta, per altre c’è il timore di non riuscire ad allattare. Queste ed altre preoccupazioni durante la gravidanza possono impattare sul benessere psicologico delle donne ed ostacolare lo sviluppo dell’attaccamento che, come abbiamo detto in precedenza, nasce nell’ultimo trimestre di gravidanza ed è un aspetto importante per un adeguato sviluppo emotivo e relazionale del bambino. Detto questo, alcune donne mostrano anche delle risorse, come una spinta combattiva verso il tumore e la possibilità di riguardare la malattia in un momento di felicità, vivendo la gravidanza come una rivincita verso un tumore che voleva togliere tutto. Queste risorse non devono essere sottovalutate ma anzi, riconosciute e tirate fuori per promuovere il loro benessere psicologico.