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Tavolo sull’autismo: “Produrre linee guida comuni”

Essere sprone per tutta la realtà italiana sulla qualità dell’intervento in tema di autismo”. E' l'obiettivo dichiarato di Stefano Vicari, responsabile dell’Unità operativa complessa di neuropsichiatria infantile dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e neo referente scientifico del tavolo sull’autismo promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, riunitosi per la prima volta a Roma nei giorni scorsi.

Tavolo sull'autismo

Vicari spiega così al Sir l’iniziativa: “Mettere insieme le esperienze di diversi centri che si occupano ad alto livello di trattamento dei disturbi dello spettro autistico” per “condividere il patrimonio che esprimono, sia in termini di bambini e persone che trattano, sia in termini di esperienza clinica e scientifica”. Questo, prosegue, “per dare maggiore forza a ciascun centro in modo da poter condividere un linguaggio comune. Si tratta di centri che hanno una matrice cattolica, e quindi condividono la stessa radice e fanno del servizio di assistenza la ragione stessa del loro esistere”. Il tavolo – al quale aderiscono ad oggi 8 realtà che a breve diventeranno 13 – si riunirà “con una certa frequenza in modo da poter produrre dei documenti che siano una sorta di guida per i centri che aderiscono all’iniziativa, ma anche per essere sprone per il resto della realtà italiana sulla qualità dell’intervento in tema di autismo”. Obiettivo è “raccontare anche all’esterno la nostra esperienza e porla a servizio di tutti”. Il tavolo, conclude don Massimo Angelelli, direttore del suddetto Uffici Cei, “intende inoltre avviare un confronto sull’azione pastorale per le persone affette da questa patologia e individuare possibili percorsi di sostegno ai familiari”.

L'autismo (dal greco aütós: “stesso”) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell'interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale che provoca ristrettezza d'interessi e comportamenti ripetitivi. I genitori di solito notano i primi segni entro i due anni di vita del bambino e la diagnosi certa spesso può essere fatta entro i trenta mesi di vita. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione, divise tra neurobiologiche costituzionali e psicoambientali acquisite. 

 

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