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Popping: la danza che “cura” il Parkinson

Il popping, una “danza di strada” di origine statunitense che deriva dal termine “pop” (scoppio), nata tra gli anni ‘60 e ‘70 e caratterizzata da movimenti veloci e ritmici, che impegna il corpo in una serie convulsa di contrazioni e vibrazioni. Proprio per questa sua natura è la danza più adatta per contrastare, con efficacia, gli effetti del morbo di Parkinson.

La malattia

Questa patologia neurodegenerativa che, il cui nome deriva dal medico inglese che l'ha scoperta nel 1817, danneggia e distrugge alcune cellule cerebrali (quelle che rilasciano dopamina, situate nel mesencefalo). Si caratterizza, essenzialmente, per l’effetto devastante che esercita sul corpo e nei movimenti, costringendo a una lentezza innaturale, a rigidità, a tremolio e a difficoltà di deglutizione. Non meno critica, tuttavia, è la ripercussione a livello mentale e motivazionale, per la perdita di autonomia e per il venir meno dei movimenti più semplici e naturali degli arti; la malattia produce anche conseguenze negative sulle capacità cognitive, accompagnate, spesso, a depressione e demenza. L’origine del morbo non è ancora chiara e non si comprende, inoltre, il motivo dell’aumento dei malati. Le cure disponibili al momento, farmacologiche chirurgiche e riabilitative permettono solo di rallentare gli effetti della malattia non di debellarla o di ricreare le condizioni ottimali originarie.

Terapia musicale

Il popping (spesso confuso con la breakdance) rientra a pieno titolo nella danzamovimentoterapia, in cui, con profitto, il popper abbina il corretto movimento del corpo a una distensione mentale per arrivare al beneficio desiderato. L’ambiente comunitario e sereno di un luogo ove svolgere attività danzanti, in armonia con la musica diffusa, rilassa il soggetto alle prese con patologie mentali e favorisce il movimento costante ed equilibrato di coloro che hanno problematiche motorie.

Il ritmo, la creatività e la socialità sono gli elementi essenziali, alla base del beneficio che la danzamovimentoterapia può arrecare all’individuo. Essa consente, attraverso una stimolazione di energia di tutto il corpo, di trasmettere all’esterno le emozioni e il vissuto propri della persona. E’ praticabile da tutti, senza limitazioni di età e giova all’aspetto fisico, psichico e relazionale.

L'associazione

L’Associazione Professionale Italiana Danzamovimentoterapia (Apid), afferma che “La danzamovimentoterapia è una modalità specifica di trattamento di una pluralità di manifestazioni della patologia psichica, somatica e relazionale”. La precisazione riguardante la delicata professionalità che opera in tale settore è doverosa: “Si denomina 'danzamovimentoterapeuti' (dmt) una classe di figure professionali operanti in campo clinico e/o socioeducativo, con funzioni di prevenzione, riabilitazione e terapia, per mezzo del linguaggio corporeo (danza e movimento) nelle sue valenze rappresentative, comunicative e simboliche”.Tali figure riguardano insegnanti di danza, fisioterapisti, psicologi, psicoterapeuti ed educatori.

L'iniziativa

In questo senso si può leggere la brillante iniziativa di Simone Sistarelli, un giovanissimo ballerino italiano residente a Londra che ha lanciato il “Popping for Parkinson’s” (www.poppingforparkinsons.com). Sulla scorta di esperienze già vissute in Inghilterra, Sistarelli ha avuto, infatti, la felice intuizione di armonizzare i tempi e i movimenti convulsi e tremolanti del popping a quelli, simili, del Parkinson, evidenziando una contrazione e un rilascio muscolare molto affini fra le due condizioni. I risultati sono positivi e le sue iniziative hanno un riscontro sempre crescente, con evidenti benefici a livello psichico e fisico.

Successo

Una peculiarità curiosa del popping, è quella relativa al percorso avvenuto fra la sua nascita e la sua diffusione attuale. Nata come una danza di strada, ha attraversato, con i suoi praticanti, tutte le dure circostanze annesse all’ambiente, quali il freddo, il caldo, la scomodità, le persone poco affidabili, i rischi in generale. Al tempo stesso, da tale origine di strada, è giunta sin nelle palestre e nei centri di danza e, con un’ambientazione decisamente più comoda, non si è svilita, è riuscita, comunque, a non perdere la sua essenza e a trasmettere le stesse sensazioni, aiutando il recupero psicofisico. Il segreto di questa forza è, probabilmente, nella simbiosi e nella natura dei movimenti. Questi, infatti, per loro origine convulsi (stimolati dai ritmi della strada) e all’apparenza innaturali, sono, invece, genuini e naturali, in linea con l’energia del nostro corpo e salutari per tutti, senza controindicazioni.

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