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Overthinkig: autodistruggersi pensando

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L'overthinking (o pensiero ruminativo) è una patologia mentale tipica del mondo attuale e coinvolge, con forme di stress e depressione, moltissimi individui. Il pensare troppo, il rimuginare su eventi trascorsi o il riflettere eccessivamente su questioni delicate, limitandosi soltanto all’individuazione delle cause, infatti, è deleterio e può produrre effetti devastanti sulla psiche. La patologia conduce a un aumento del cortisolo (l’ormone dello stress) senza dar modo di risolvere e uscire dall’ansia generante.

Da riflessione a ossessione

Gli studi effettuati, in particolare dalla dottoressa Susan Nolen-Hoeksema (psicologa presso l’Università statunitense di Yale, nel Connecticut), che ha dedicato l’intera vita (fino alla morte, avvenuta nel 2013) al pensiero ruminativo, dimostrano come ne siano più soggette le donne. Un certo grado di riflessione e di valutazione dei propri trascorsi, specie se infelici, è salutare e può avviare verso comportamenti diversi in modo di non ripetere l’errore. Quando la riflessione, però, diventa ossessione e si punta esclusivamente alla propria colpevolezza o al mito della perfezione, si giunge a uno stato patologico. La presenza fissa di un pensiero, inoltre, finisce per rubare tempo e spazio agli altri temi che, per esigenze contingenti, si trovano in uno stato di priorità. Questo squilibrio di “importanza” potrebbe lasciare “scoperti” alcuni argomenti o alcuni impegni sui quali, invece, c’è bisogno di una riflessione almeno essenziale.

L'influenza sulle relazioni

Le relazioni più interessate da questa patologia sono, ovviamente, quelle interne alla famiglia, in cui i diversi ruoli di genitore, figlio, fratello, nonno, zio, generano un’infinità di casistiche e di problematiche alle quali non sempre si è convinti di aver dato la risposta migliore o di aver agito nel modo più corretto; da qui il rimuginare. Altro aspetto in cui si sviluppa maggiormente l’overthinking è quello sentimentale, in cui è difficile, a volte, trovare un equilibrio e intorno al quale si concentrano pensieri assillanti e ingiustificati. In questo caso, il rischio di alimentare problemi inesistenti o marginali, di innescare sospetti e fraintendimenti è notevole. Occorre, quindi, la massima chiarezza reciproca, una notevole serenità interiore, il consiglio di una persona fidata e positiva, cercare di distrarsi mentalmente e fisicamente per non pensare troppo allo stesso elemento. A volte, la pretesa di immedesimarsi completamente nell’altro e di interpretare alla perfezione ogni gesto, ogni parola e ogni pausa altrui, può lasciare spazio a incomprensioni o esagerazioni di negatività che non sussistono. La ripetitività del pensiero nasce anche da frustrazione interna, da insoddisfazione, da un senso di inferiorità o per ingiustizie patite; molte volte sorge per il rammarico di non aver saputo rispondere per bene al momento adatto dinanzi ad accuse o affermazioni non gradite. Non vi sono, infatti, solo la razionalità e il senso di responsabilità a far scattare tali rimuginazioni; in alcuni casi è presente un’esigenza insaziabile di vendetta.

Le conseguenze

Occorre smantellare la convinzione per la quale più si spremono le meningi, più ci si sofferma sulle cause del problema maggiormente sarà possibile capirle e sanarle. Tutto questo è sbagliato, infruttifero e, addirittura, patologico. Gli effetti sfociano in uno stato di cefalea e ansia fino ad arrivare, nei casi più gravi, a forti forme di stress, insonnia, depressione e uso di farmaci. Il fenomeno non deve essere sottovalutato: la depressione può determinare atti gravissimi, il tutto in un clima ostile sia per se stessi sia per il prossimo. Si può guarire da tale male opprimente attraverso lo svolgimento di attività diverse, cambiando il proprio stile e le abitudini di vita, rinunciando al mito della perfezione e cercando di stimolare endorfine attraverso l’attività fisica. La società moderna è molto ingannevole: riduce sensibilmente i periodi di riflessione, li spezzetta in modo sistematico e continuativo. L’individuo finisce, così, per rimuginare un po’ per tante volte al giorno senza avere la lucidità e il tempo necessario per riflettere, consapevolmente, una volta per tutte. La frammentazione della riflessione conduce a un nulla di fatto e a un ristagno su concetti in cui il rammarico e l’immobilismo regnano incontrastati e per nulla forieri di soluzioni. La società moderna è allergica ai pensatori ma è ben disposta nei confronti di iper-pensatori, specie se fossilizzati sempre sugli stessi temi personali.

Cosa fare?

Il contributo alla comunità dovrebbe essere quello, costruttivo, di pensare e agire (il “pensiero e azione” di mazziniana memoria), senza soffermarsi a vita su un problema. Essere immobili su una questione inibisce l’azione, l’idea e l’inventiva. Un mondo che pensa troppo è poco creativo, ristagna e non offre contributi di soluzione, di progresso spirituale e materiale. Si tratta di un mondo ripetitivo che, in una sorta di moviola, torna sempre sugli stessi passi, per giunta senza risolvere.

Marco Managò: