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Coronavirus, i reali rischi alla luce delle misure straordinarie

Da giorni sulle pagine di In Terris ci sforziamo di guardare nella giusta prospettiva l’evolversi della epidemia del coronavirus in Italia. Nessun allarmismo così come nessuna tentazione di sottovalutare i rischi di un’eventuale diffusione incontrollata della malattia. Tutti noi proviamo un senso di smarrimento davanti alle misure straordinarie adottate nelle regioni del nord. Un serrata generale di scuole, eventi e servizi pubblici, che ha coinvolto anche le consuete attività della Chiesa con forti limitazioni persino alle celebrazioni di matrimoni, funerali e delle Messe quotidiane.

In molti sono disorientati perché, malgrado la mobilitazione senza precedenti, esperti ed autorità continuano a tranquillizzarci circa i reali pericoli causati dal Covid-19. Non ultimo lo stesso governatore della Lombardia Attilio Fontana che si è unito al coro di quelli che definiscono il virus “poco più di un’influenza”. Anche la nota virologa Ilaria Capua ha sentenziato che “il Coronavirus è molto meno letale di quanto temevamo” e che la maggiore estensione del contagio in Italia è dovuta “forse, molto banalmente” al fatto che lo “abbiamo diagnosticato di più e prima”.

Per avere però la vera contezza della diffusione del virus e della gravità della malattia dobbiamo attenerci a quanto ha affermato Walter Ricciardi dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) in conferenza stampa alla Protezione civile a Roma: “Dobbiamo ridimensionare questo grande allarme, che è giusto, da non sottovalutare, ma la malattia va posta nei giusti termini”. L’esponente dell’agenzia per la salute delle Nazioni Unite ha quindi spiegato perché: “Su 100 persone malate, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambiente sanitario, il 5% è gravissimo, di cui il 3% muore. Peraltro sapete che tutte le persone decedute avevano già delle condizioni gravi di salute”. Fatto sta che le ultime vittime sono tutte anziane con patologie pregresse. Tuttavia le percentuali snocciolate da Ricciardi confermano la relativa pericolosità del virus, soprattutto se confrontata in maniera proporzionale con i malati della consueta influenza stagionale.

Molti studiosi hanno evidenziato, anche tramite pagine del nostro giornale, che il pericolo è rappresentato dal fatto che rispetto al coronavirus, come tutti i Virus “nuovi”, nessun individuo è ancora immunizzato. Gli anziani infatti non sono vaccinati. A preoccupare gli esperti è anche il fatto che il virus è molto più infettivo dell’influenza, ciò vuol dire che si trasmette con enorme facilità. Secondo il rianimatore Marco De Nardin, se applichiamo la normale diffusione dell’influenza (con milioni di persone infette ogni inverno) alle informazioni fornite dall’Oms rispetto alla percentuali dei malati gravi, potremo ritrovarci con circa 300.000 persone con bisogno di cure da terapia intensiva a fronte dei 4000 posti letto disponibili nella rete del sistema sanitario nazionale. Per questo è importante evitare che ci siano molti contatti. Se la gente si infetta poco alla volta, molti non se ne accorgono, gli altri, specialmente gli anziani, ma anche qualche giovane, vengono curati nei nostri ospedali. 

Insomma non c’è da andare nel panico ma dobbiamo accogliere i sacrifici che ci verranno chiesti nelle prossime settimane e seguire seriamente tutte le indicazioni che ci vengono fornite per far sì che questa epidemia sia veramente ricordata come un’influenza poco più seria delle altre.

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