“É per paura che lascia Palermo? – gli chiese un giornalista sul finire degli anni ’80 quando il giudice lasciava Palermo per trasferirsi a Roma, al ministero di Grazia e Giustizia -. Sono un siciliano, per me la vita vale quanto un bottone di questa giacca”. Con queste parole è più facile fare un quadro dell’uomo e del giudice Giovanni Falcone, che all’età di 53 anni, venne assassinato nell’attentato in cui persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. “La mafia – è un’altra massima di Falcone – non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliore delle istituzioni” quella stessa mafia che Falcone mise a nudo, facendo parte del pool che istruì lo storico maxi-processo alla Cupola.
Nascita, laurea e primi passi in magistratura
Il 18 maggio 1939 a Palermo, dai genitori Arturo e Luisa Bentivegna nasce Giovanni Falcone. Cresciuto nello stesso quartiere di Paolo Borsellino, dopo aver frequentato il ciclo scolastico si laurea nel 1961 in Giurisprudenza e nel 1965 arriva il suo promo incarico in magistratura. Dopo una lunga esperienza al tribunale di Trapani, nel luglio del 1978 passa alla sezione fallimentare del tribunale di Palermo e vi resta poco più di un anno.
La chiamata di Chinnici al pool antimafia
Dopo i mesi alla fallimentare in cui scandaglia centinaia di conti bancari, nel 1979 per Falcone (ma anche per Paolo Borsellino) arriva la chiamata dell’ufficio istruzione guidato da Rocco Chinnici. Il consigliere istruttore del maxi-processo “ingaggia” Falcone nel pool antimafia per la sua abilità nel decifrare documenti contabili e finanziari. Un nuovo metodo, il cosiddetto “Follow the money” (ovvero segui i soldi), che viene per la prima volta applicato dopo un sequestro di eroina. Falcone ottiene collaborazione dalla Dea, l’agenzia federale antidroga statunitense, dall’Fbi dall’Interpol e comincia a fare la spola tra Italia e America arrivando così ai narcodollari.
L’inchiesta “Pizza connection” e la morte di Chinnici
Nel 1983 la mafia a Palermo, uccide Chinnici e la sua scorta dopo che, grazie alle intuizioni di Falcone, con l’inchiesta “Pizza connection” erano finite sotto processo le famiglie mafiose degli Spatola, Gambino, Inzerillo, attive in Sicilia e negli Usa. Da quel momento pure Falcone è nel mirino di Cosa nostra. Chinnici viene sostituito da Antonino Caponnetto e l’ufficio istruzione continua il lavoro che porterà alla sbarra decine di esponenti mafiosi.
Le lettere anonime e l’attentato fallito all’Addaura
Il 1989 è un anno caldissimo, a ridosso dell’estate circolano lettere anonime che accusano Falcone, altri giudici ed i vertici romani della polizia di avere dato licenza di uccidere al pentito Contorno in cambio di informazioni per la cattura dei superlatitanti. Il 19 giugno 1989 un ordigno esplosivo viene trovato fra gli scogli sotto una villa all’Addaura, sulla costa di Palermo, presa in affitto dal giudice. I candelotti vengono disinnescati, Falcone parla per la prima volta di “menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia”. E aggiunge: “Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa Nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi”. Una settimana dopo l’attentato fallito, Falcone viene nominato procuratore aggiunto a Palermo.
Nel 1991 la chiamata al ministero della giustizia
Alla Procura di Palermo, Falcone rimane poco meno di due anni. Nel febbraio del 1991, Falcone vola a Roma, chiamato da Claudio Martelli, allora ministro della Giustizia, alla direzione degli affari penali. Per il magistrato palermitano continuano ad arrivare successi, con la creazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) e della Dna (Direzione nazionale antimafia).
La strage di Capaci e le manifestazioni contro la mafia
Poco prima delle 18 del 23 maggio 1992, sull’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi al capoluogo siciliano, Falcone viene assassinato “A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”, è un’altra delle frasi di Falcone più ricordate.