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Accadde oggi: nel 1989 entra in commercio il Game boy. Sei regole per il buon utilizzo

Interris.it ha parlato con la dott.ssa Marina Zanotta, psicologa, psicoterapeuta e formatrice per capire i riflessi che questo gioco può avere sulla psicologia dei bambini

Il 21 aprile del 1989, in Giappone viene commercializzato il Game Boy. Celebre console portatile di Nintendo progettata dal team interno R&D#1 capeggiato da Gunpei Yokoi, gli stessi che avevano già progettato la serie Game Watch e diversi giochi popolari per il Nintendo Entertainment System. Il primo “Game Boy” di Nintendo. Interris.it ha incontrato la dott.ssa Marina Zanotta, psicologa, psicoterapeuta e formatrice per capire quale influenza abbia avuto questa tipologia di gioco sui ragazzi delle tantissime generazioni che si solo alternate durante gli anni dal 1989 ad oggi.

Sin da piccoli, forse fin troppo piccoli, i bambini cominciano a fare uso e a volte abuso di questi giochi qual è il confine tra gioco e dipendenza?
“Sì è vero, i bambini iniziano a utilizzare i giochi elettronici fin da piccolissimi questo anche perché nel corso dei decenni le case produttrici hanno sviluppato giochi specifici anche per le fasce di età più giovani e che hanno spesso caratteristiche di apprendimento di concetti semplici (abbinamento colori e forme, riconoscimento prime parole, apprendere vocaboli anche in inglese ecc.). Il punto è che più si è piccoli meno è probabile che l’uso e l’abuso di questi strumenti sorga spontaneamente nei bambini; sono i genitori che fanno da tramite trasmettendo, più o meno consapevolmente, interesse, regole di utilizzo e modi di approccio. Il rischio di creare dipendenze anche in bambini piccolissimi c’è, ne parla persino l’Oms, ma è sempre in relazione al come l’adulto insegna al bambino ad approcciarsi (quando e per quanto tempo) e al perché farlo (giocare insieme o baby sitting elettronico); non c’è da stupirsi se una scorretta educazione da parte dei genitori sia portatrice di uno scorretto utilizzo da parte di bambini e preadolescenti”.

Quanto è alto il rischio che il bambini tenda ad emulare ciò che vede sullo schermo?
“È ampiamente dimostrato che il rischio che i bambini emulino ciò che vedono e vivono nei videogiochi sia relativamente basso a patto che ci sia un genitore che li aiuti a differenziare la realtà dalla finzione. I bambini e i preadolescenti non sempre riescono a fare questo passaggio da soli ed è normale che sia così perché non hanno ancora sviluppato gli strumenti cognitivi necessari; di nuovo è la relazione con gli adulti di riferimento a fare la differenza sia nella scelta dei giochi da offrire ai più piccoli, con contenuti e modalità di approccio adeguate all’età (basta guardare le etichette esplicative chiaramente in vista sulle confezioni e…rispettarle), sia con l’aiutare i propri figli a rielaborare quello che hanno visto e a riportarlo alla realtà e alle regole di comportamento socialmente e familiarmente accettabili. Vero è, tuttavia, che i giochi sono sempre più realistici e realizzati con tecniche e grafiche che “trascinano” il giocatore all’interno del campo di gioco e questo può creare confusione o nervosismo nei più piccoli perché, come dicevo prima, non sono in grado di differenziare bene e da soli realtà e finzione. Inoltre una sovraesposizione allo sfarfallio degli schermi luminosi può creare una sorta di effetto ipnotico e sovra eccitare il sistema nervoso, portando a difficoltà nel modulare le proprie emozioni e difficoltà a rilassarsi e ad addormentarsi con un conseguente effetto cascata di esperienze poco positive per tutti”.

Come e quanto usarlo?
“I videogiochi fanno parte della nostra realtà da decenni, le nuove generazioni nascono in un mondo già dotato di devices elettronici a portata di mano; impedirne totalmente l’uso sarebbe sbagliato tanto quanto l’abusarne. Come sempre ci vuole equilibrio e il sano coinvolgimento di mamma e papà! L’oms raccomanda di non utilizzare devices elettronici (videogiochi, tablet e affini) fino ai 2 anni di vita; da lì in avanti bene l’utilizzo purché per pochi minuti e sempre e rigorosamente in compagnia di mamma e papà, quindi benissimo a videogiochi educativi da svolgere insieme. Assolutamente vietato e controproducente l’utilizzo stile baby sitter per cui al bambino, da solo, viene piazzato in mano un device e lasciato davanti ad uno schermo per mezz’ora o più. Dall’età scolare in poi i bambini sono abbastanza grandi per approcciare a qualche video gioco più complesso, purché sempre rispettoso della loro fascia di età (se sulle istruzioni compare un numero più alto dell’età di vostro figlio, vuol dire che il video gioco non è adatto, anche se è  quello più famoso del momento) e purché corredato da regole di utilizzo chiare, comunicate in anticipo e rispettate dal genitore in primis. L’ideale, nella fascia 6-10 anni, sarebbe un limite massimo di 1 ora al giorno e non tutti i giorni; sta al genitore monitorare sempre il gioco del bambino e aiutarlo a rispettare regole e limiti. Assolutamente no ai giochi online, non si può mai avere la certezza di chi si trovi dall’altra parte dello schermo. In preadolescenza cambiano di nuovo le modalità di gioco e può essere che mamma e papà acconsentano a giochi di ruolo in condivisione, purché si sia perfettamente a conoscenza di chi siano nella realtà i compagni di gioco dei propri figli (sì a partite tra compagni di classe/oratorio, no al giocare online con perfetti sconosciuti). Anche qui le regolo sul quando e per quanto vanno create e condivise nella relazione genitori e figli”.

Quale può essere una sorta di istruzioni per l’uso intelligente dei videogiochi?
“Più che delle istruzioni si deve creare una buona educazione all’utilizzo di videogiochi e devices in genere e non è mai troppo presto per iniziare! Finche i ragazzi non sono sufficientemente grandi per imparare a gestirsi da soli (dalle superiori in su), è compito dei genitori non solo creare e condividere le regole, ma anche monitorare sul loro essere rispettate; di base buone regole possono essere:
1) niente videogiochi fino ad almeno l’età della scuola materna
2) prediligere giochi che favoriscano l’interazione genitore-bambino fino ad almeno i 6 anni, in modo da non lasciare da soli e troppo a lungo i bambini davanti allo schermo
3) stabilire tempi e frequenza di gioco in modo adeguato all’età di ogni singolo bambino presente in famiglia: un bambino di 5 anni non potrà giocare con la stessa frequenza del fratello di 9.
4) utilizzare solo videogiochi adatti all’età, rispettando le indicazioni presenti sulla confezione e spiegando ai più piccoli che queste indicazioni vengono stabilite sia in base alla complessità del gioco sia in base ai contenuti che potrebbero non essere adeguati. Non importa se si tratta del gioco più in voga del momento: se il bambino ha 7 anni e sulla confezione è riportato 14+ non si compra.
5) no giochi online che prevedano l’interazione con degli sconosciuti
6) l’adulto deve sempre essere presente e a disposizione in modo da poter verificare direttamente che non ci siano problemi, contenuti o difficoltà non adeguate all’età; nel caso aiutare il bambino a verbalizzare le proprie emozioni riguardanti ciò che ha visto o affrontato e aiutarlo a distinguere tra realtà e finzione”.

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