Sono 5,7 milioni le persone che ogni giorno scelgono la mobilità su ferro, ossia metro e treni regionali. Ma al Sud circolano meno treni che nel 2010. E' questa la fotografia scattata da Legambiente in “Pendolaria”, l'annuale rapporto di analisi che ferroviario in Italia che mette in evidenza le sostanziali differenze – sia per qualità che quantità delle infrastrutture – tra il nord e il sud del nostro Paese. Il rapporto completo è disponibile qui. In Terris ha approfondito l'argomento con Gabriele Nanni, curatore del dossier redatto da Legambiente.
Dal report emerge che rispetto alla qualità e quantità delle infrastrutture il Sud sia indietro rispetto al Nord. Ci può spiegare quest'Italia a due velocità?
“Purtroppo i dati mostrano questa fotografia. Abbiamo calcolato l'età media del parco circolante dei treni nelle varie regioni. Nel sud ci sono regioni che hanno treni con un'età media di diciotto anni. Questo numero è stato abbastanza costante negli anni e c'è una sorta di inversione di tendenza che è positiva. Però la situazione parte da molti anni addietro, dal 2010, soprattutto per i primi due o tre anni il settore in tutte le regioni è andato in crisi perché i finanziamenti sono stati tagliati, inizialmente quasi del 50%, che ha portato molto spesso al taglio delle corse. Il caso più famoso è quello della Campania e delle linee circunvesuviane: inizialmente hanno visto un calo del 30% di offerte dei treni. Il numero dei passeggeri continua a scendere perché la circunvesuviana ha avuto tantissimi giorni di stop, sia per problemi tecnici o scioperi. questo è il quadro che spiega il Sud e come siamo arrivati a questo. Come accennavo la situazione migliora, come singoli casi. Ad esempio la Sicilia, negli ultimi due anni, si è iniziato a mettere più treni e ne stanno arrivando dei nuovi. Come risposta dell'utenza si sta riscontrando un incremento”.
Il fatto che il sud sia così indietro rispetto al nord, potrebbe trasformarsi in un vantaggio?
“Si potrebbe essere un'opportunità al sud perché anche le grandi aziende hanno le loro sedi lì, inoltre, nelle regioni del Sud mancano treni, non sono solo più vecchi. Quindi sul fatto di produrre più mezzi e versioni più green, abbiamo potenziale enorme. Il problema del sud, però, è che viene frenato dalle infrstrutture oltre che dalla mancanza di soldi, per cui ancora ci sono stazioni sulla carta che ancora non sono state fatte. Sulla linea jonica, ad esempio, caso che noi abbiamo sempre trattato, sono partiti i lavori di elettrificazione, è un fattore importante, ma poi dopo bisogna metterci i treni. Ovviamente non ovunque mancano le infrastrutture, ma dove questo si verifica è un problema in più. Anche Roma, nel confronto con l'estero, è abbastanza indietro”.
Dal report emerge che il numero di pendolari che scelgono metro e treni è aumentato. Questo dato può essere interpretato come una presa di coscienza delle persone a rispettare di più l'ambiente?
“Questa voglia di prendere il mezzo alternativo all'automobile, negli ultimi anni, si aggira intorno al 30% delle persone intervistate. Il problema è che poca parte è stata catturata da metro, tram e treni regionali, perché è l'offerta che è mancata. Quel mini boom di presa di coscienza è diluito tra le persone che hanno deciso di prendere la bicicletta, fare car-sharing, è abbastanza diversificato. Questa percentuale di persone, dovrebbe crescere del doppio o del triplo ogni anno, per arrivare al 2030 per spostare grandi numeri”.
Quando il premier Conte si è insediato al governo ha parlato anche dell'agenda verde. A distanza di sei mesi, cosa ha fatto e cosa deve ancora fare il governo?
“Sul tema sicuramente c'è ancora molto da fare. I fondi per il servizio ferroviario sono rimasti più o meno gli stessi. Il problema è che sono bassassimi, non è pensabili che nel 2020 si diano meno fondi rispetto a quelli del 2009. Dal punto di vista delle infrastrutture è buono che si sia data continuità rispetto a quanto fatto negli anni precedenti e si è usciti dalla logica della Legge Obiettivo, che penalizzava, in termini di fondi, le ferrovie. E' una situazione più di emergenza, anche a livello ambientale, quindi bisogna dare una sterzata ancora più forte. L'unica vero cambio di rotta è stato alcuni anni fa con Delrio. Il governo Conte sulla carta non è nemico della ferrovia, ma la necessità è fare molto di più”.
A livello di trasporto pubblico, come è la situazione dell'Italia rispetto all'Europa?
“Il confronto con l'Europa esce sempre un po' drammatico. Forse l'unico vero grande esempio a livello di numeri è Milano in Italia, nel senso che tra i progetti realizzati e quelli messi in campo, Milano è una città che può almeno paragonarsi un po' alle altre in Europa. Negli ultimi anni però, rispetto alle altre città europee, abbiamo recuperato un po' il gap, che continua ad esserci perché gli altri Paesi non hanno smesso di investire.