Padre Pio oggi per la Chiesa è un grande santo, confessore indefesso, straordinario liturgo dell’Eucarestia, vero e proprio magnete di devozione. Ma questo frate cappuccino dalla barba folta, dagli occhi vividi e ammonitori, per la Chiesa, almeno per alcuni esponenti dei suoi vertici, in passato è stato considerato un truffaldino, uno psicopatico, “un uomo di intelligenza limitata”, “un falso mistico”, un traditore del suo voto di povertà, castità e ubbidienza. È stato considerato una sorta di “disgraziato sacerdote” – come lo definì nella sua relazione al Papa il domenicano Paolo Philippe dopo averlo interrogato come consultore del Sant’Uffizio nel 1961 – da emarginare attraverso uno stillicidio di interventi e di sanzioni.
Ma dove va ricercato il motivo di questa avversione? Nel 50esimo anniversario della morte di Padre Pio, nonché nel giorno in cui la Chiesa ne fa memoria, In Terris ha approfondito la questione con Renzo Allegri, uno dei maggiori biografi del santo, che a questa persecuzione delle gerarchie ecclesiastiche ha dedicato uno dei suoi tanti volumi sul frate di Pietrelcina, “La passione di Padre Pio” (ed. Mondadori, 2015).
Quando arrivarono le prime lettere contro Padre Pio al Sant’Uffizio?
“Padre Pio ebbe le stimmate il 20 settembre 1918. Spaventato, trovò il coraggio di informare il suo confessore dopo un mese, con una lettera del 17 ottobre. Il confessore gli impose di raccontare tutto dettagliatamente e Padre Pio lo fece con una lunga lettera il 22 di ottobre. Ma solo dopo 8 mesi la notizia divenne di dominio pubblico. Il primo maggio 1919. Il Giornale d’Italia pubblicò una notizia con questo titolo:’Il miracolo di un santo’, e come sottotitolo: ‘Un soldato guarito istantaneamente a San Giovanni Rotondo’. Si scatenarono gli altri giornali e il 21 di giugno Il Mattino di Napoli raccontò tutta la storia con un articolo su due pagine che aveva come titolo: Padre Pio, il ‘Santo’ di San Giovanni Rotondo, opera un miracolo sulla persona del cancelliere del paese presente un inviato speciale del ‘Mattino’. San Giovanni Rotondo cominciò ad essere invasa da pellegrini. A questo punto iniziarono le lettere anonime contro Padre Pio inviate al Sant’Uffizio.
Chi erano a quei tempi i suoi oppositori?
“Le lettere arrivarono dal clero locale, appoggiato dal vescovo di Manfredonia e di Foggia. Mons. Gagliardi. Avevano anche costituito un gruppo, insieme ad alcuni laici, per distruggere Padre Pio, ritenuto da loro ‘fanatico e imbroglione’. In una lettera al clero di San Giovanni Rotondo il vescovo esortava: ‘Non temete di compromettervi col mandare lettere e relazioni al Sant’Ufficio, perché là c’è chi sa ricevere e tenere sub segreto’. Questo il taglio delle accuse nei suoi confronti: ‘Ci troviamo in pieno paganesimo. La idolatria si professa su larga scala: al passaggio del ‘Santo’ tutti si prostrano in atto di adorazione. Il Clero e il pubblico colto sono costretti a crederci per aver salva la vita”.
Perché questa ostilità nei suoi confronti?
“L’ostilità era provocata dall’invidia, perché la gente accorreva in massa al convento portando cospicue offerte. Ma anche da una micidiale trappola diabolica. Le accuse continuarono per anni, provocando condanne pesanti da parte delle autorità ecclesiastica. Le condanne del Sant’Ufficio furono cinque, mai ritrattate, neanche dopo che il Padre è stato fatto santo. Nel 1931 fu condannato agli arresto domiciliari: per 750 giorni non poté confessare, né svolgere alcuna di quelle attività proprie del suo stato di sacerdote”.
Ai tempi di Padre Pio le stimmate non erano un fenomeno nuovo nella Chiesa. Perché suscitarono perplessità quelle manifestate dal frate di Pietrelcina?
“Nessuna perplessità da parte della gente semplice. E neppure da parte dei confratelli di Padre Pio. E neanche da parte dei numerosi giornalisti che avevano conosciuto o anche visto con i loro occhi guarigioni e miracoli. I medici inviati dal Sant’Uffizio per dare un loro giudizio scientifico, affermarono di trovarsi di fronte a un fatto scientificamente inspiegabile. Le relazioni dei teologi e dei vescovi inviati dal Papa per avere un giudizio preciso, furono tutte positive al punto che Papa Benedetto XV disse pubblicamente: ‘Oh sì, il Padre Pio è veramente un uomo di Dio’. Le perplessità furono costruite dal clero locale con continue calunnie e lettere anonime, che trovarono una inspiegabile calorosa accoglienza al Sant’Ufficio”.
Fu duro nei suoi confronti padre Gemelli: da medico gli diagnosticò malattie mentali…
“Padre Gemelli andò a San Giovanni Rotondo nell’aprile del 1919. Vi rimase due giorni. Incontrò Padre Pio solo il mattino del 19 aprile, quando il Padre scese in sacrestia per celebrare la Messa. Secondo le testimonianze giurate di chi era presente, si tratto di un incontro durato circa 30 secondi. Padre Gemelli chiese di poter vedere le stimmate. Padre Pio rispose: ‘Ha il permesso scritto dei miei Superiori di Roma?’. ‘No’, disse Gemelli. E Padre Pio: ‘Allora io non posso farle vedere niente’, e si allontanò. Gemelli, furibondo, se ne andò. Arrivato a Foggia scrisse una relazione per il Sant’Uffizio dicendo che aveva visitato Padre Pio. In seguito fece altre due relazioni al Sant’Uffizio: una il 2 luglio 1920 e la terza nel novembre 1926. Sono relazioni false, ma piene di giudizi terribili. Per esempio: ‘Padre Pio non presenta nessuno degli elementi caratteristici della vita mistica’. E ancora: ‘Allo stato dei fatti, noi abbiamo il diritto di sostenere che le piaghe di Padre Pio sono delle semplici autolesioni procuratesi inconsciamente da un soggetto psicopatico’. Al Sant’Uffizio, quei giudizi furono ritenuti oracoli”.
Padre Gemelli ebbe poi modo di ricredersi?
“Mons. Luigi Villa, suo amico personale, rivelò in un'intervista a Il Messaggero nel 1999, che prima di morire padre Gemelli scrisse una lettera a Padre Pio chiedendogli perdono. E si dice che Padre Pio sia andato a trovarlo in bilocazione. Ho chiesto informazioni su quella lettera a padre De Flumeri, vicepostulatore della causa di beatificazione di Padre Pio, che mi ha risposto: 'Potrebbe essere vero, ma non ho mai trovato nessuna traccia di quella lettera nell’archivio che riguarda Padre Pio'”.
Giovanni XXIII inviò una visita apostolica nei confronti di Padre Pio, ma già negli anni ’20, in visita apostolica a Foggia, evitò di fermarsi a San Giovanni Rotondo: anche Papa Roncalli era diffidente verso il cappuccino?
“Roncalli seppe di Padre Pio a Parigi quando era nunzio in Francia. Gliene parlò Emanuele Brunatto, figlio spirituale di Padre Pio. Roncalli rimase colpito e scrisse una lettera al Vescovo di Manfredonia, che era allora mons. Andrea Cesarano, amico carissimo di Roncalli. E Cesarano gli rispose con una lunga lettera affermando che Padre Pio era veramente un grande santo. Roncalli divenne un ammiratore di Padre Pio e spesso inviava saluti chiedendo preghiere. Nel 1960, il Padre Generale di Frati Cappuccini portò al Sant’Uffizio un voluminoso dossier, con foto, registrazioni e testimonianze per dimostrare che Padre Pio era un imbroglione, un falso, corrotto, avido, aveva le amanti. Il Papa si spaventò a morte, soprattutto perché quel dossier proveniva dal Superiore Generale dell’Ordine. Ordinò una nuova visita apostolica, dalla quale risultò che quei documenti erano veri, ne seguirono condanne pesanti. Ma poi saltò fuori che era tutto falso. Una nuova terribile trappola diabolica. Papa Giovanni XXIII si ricredette e ordinò che il Padre fosse lasciato in pace”.
C’erano anche motivi “politici” dietro le persecuzioni nei confronti di Padre Pio? È vero che alcuni attribuirono a Padre Pio delle responsabilità per un fatto di sangue avvenuto a San Giovanni Rotondo nel 1920?
“Nessun motivo politico. Nella rivolta a cui le fa riferimento, dove ci furono dei morti, Padre Pio ebbe il ruolo di paciere. Il suo intervento calmò gli animi, evitando altri morti. Fin dalla prima condanna emessa dal Sant’Uffizio nel 1920 contro Padre Pio, era in programma l’allontanamento del Padre da San Giovanni Rotondo, mandandolo in un convento di clausura all’estero. Ma questo progetto non andò mai in porto perché la popolazione di San Giovanni Rotondo difendeva il Padre con presidi anche notturni, e vigilanti armati. Per riuscire ad allontanarlo, i superiori chiesero aiuto anche alle Forze dell’Ordine, ma inutilmente. Nel 1929, arrivarono perfino a Mussolini, il quale rispose: ‘Lo si lasci indisturbato, questo padre Pio’”.
Prima ha definito “inspiegabile” il fatto che il Sant'Uffizio accogliesse calunnie e lettere anonime contro Padre Pio. Potremmo spiegarlo con l'avversione che certi esponenti delle gerarchie, fautori dell'innovazione in corso in quegli anni, avevano nei confronti di questa figura di frate ascetico, immagine di una Chiesa considerata obsoleta e devozionistica?
“Non credo. Gli esponenti delle gerarchie fautori dell’innovazione erano in genere degli intellettuali, avevano un progetto ideologico, e non pensavano a Padre Pio. Fin dal 1923, il Sant’Uffizio aveva liquidato il 'caso Padre Pio' con una dichiarazione ufficiale. 'Dopo un’inchiesta sui fatti attribuiti a Padre Pio, la Suprema Sacra Congregazione del Santo Uffizio preposta alla tutela della fede e dei costumi, dichiara non constare della soprannaturalità di quei fatti ed esorta i fedeli a conformarsi nel loro modo di agire a questa dichiarazione”. Quindi stimmate, visioni, bilocazioni, guarigioni, conversioni, tutto quello che avveniva intorno a Padre Pio non aveva a che fare con il soprannaturale. E quella dichiarazione è stata ripetuta negli anni successivi varie volte e mai ritrattata. I fedeli dovevano attenersi a quella dichiarazione. E in altri documenti successivi, sempre riferendosi a quella dichiarazione, veniva proibito a tutti i credenti di andare da Padre Pio. Non credo quindi che le correnti innovatrici nell’ambito della Chiesa abbiano mai preso in considerazione la massa dei devoti di Padre Pio sparsi in giro per il mondo, come un movimento da combattere, proprio perché era una folla senza organizzazione e senza riconoscimenti”.
Molte critiche ha suscitato il santuario di San Pio, a San Giovanni Rotondo, per l’assenza di riferimenti cristiani ed inginocchiatoi, l’ambiente dispersivo, i simboli e gli arazzi ritenuti ambigui… È esagerato affermare che quella costruzione sia stato l'ennesimo, forse non voluto, affronto al frate cappuccino?
“Non credo sia stato un affronto. Renzo Piano ha realizzato un santuario avveniristico, ma non penso proprio con intenzioni blasfeme come è stato scritto da alcuni. L’errore, secondo me, è stato dei frati cappuccini, che hanno voluto fare un’opera grandiosa, guardando alle folle che arrivavano e non allo spirito francescano di umiltà e di povertà. La gente ha avuto reazioni negative. Ma forse tra un paio di secoli, quel santuario sarà considerato un capolavoro d’arte nonché un atto di grande devozione della gente. Del resto, lungo il corso dei secoli, è accaduto per tante altre costruzioni artistiche: molto criticate all’inizio, e poi apprezzate successivamente”.