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Una nuova politica

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Il voto per il rinnovo della delegazione italiana presso il parlamento europeo, avrà delle conseguenze importanti almeno per la struttura del potere politico e per la forza necessaria per riordinare strutture normative e strumenti di gestione delle politiche socioeconomiche, ultimamente condotte verso esiti assai più disordinati del passato. Nell’ultimo biennio il consenso galoppante per i 5 stelle, aveva spinto a suggestioni e tentazioni sulla economia e sulle politiche del lavoro, che avevano scompaginato le scelte di modernizzazione, faticosamente raggiunte negli anni precedenti. Infatti, l’idea di poter fare pil attraverso politiche distributive, peraltro con denari in prestito, ed annunciandola come politica economica anticiclica, ci ha condotto in una situazione che si spera possa ancora essere riassorbita. Ora la Lega si è affermata grandemente come la più importante forza popolare del Paese, si spera ora che apra una fase di costruzione di una ipotesi di governo della economia, che rimuova i motivi della sua grave difficoltà.

In effetti pur impegnata nell’alleanza di governo con i ‘gialli’, ha sempre dato l’impressione di vivere con disagio alcune posizioni incompatibili con il nostro stato di difficoltà, complice la pressione della base di piccola e media impresa, che soprattutto a nord costituisce lo zoccolo storico del carroccio. In qualche occasione, è sembrato ci fosse consapevolezza di essere rimasti da tempo unica realtà tra le grandi nazioni industriali a non crescere, ed anzi a regredire. Ma ora è arrivato il momento di adottare una politica aggressiva sui nodi che non ci fanno crescere. Salvini ha annunciato che vuole impegnarsi; lo faccia allora su due nodi cruciali: la flat tax e la netta separazione di compiti, tra banche di prestito e banche di speculazione finanziaria. La flat tax dovrà servire ad aumentare i consumi e gli investimenti delle imprese, unica possibilità che oramai abbiamo, per rivitalizzare l’economia. Altra scelta decisiva, è la separazione della funzione di banca di prestito a quella di banca di speculazione finanziaria, per interrompere la rovinosa attività bancaria, che rastrella i risparmi dei clienti, per poi dirottare il denaro verso i propri investimenti nel mercato finanziario. Questo modo di fare banking provoca effetti nefasti per l’interesse generale: dirotta il denaro risparmiato nel territorio, e lì impiega nei grandi mercati finanziari, interrompendo il normale processo di riutilizzo  per famiglie ed imprese dei soldi nello stesso territorio. Cosicché, può accadere, come accade, che la Banca non gioca più il ruolo di raccolta per il reimpiego per il prestito a famiglie ed imprese, ma di rastrellamento per spostare le risorse nei mercati lontani per guadagnare nella speculazione, impoverendo la comunità di riferimento dei risparmiatori.

Raffaele Bonanni: