Ieri sera sono andato a trovare mia zia di 98 anni in una casa-albergo nel mio paese di origine; l’ho trovata bene, soddisfatta di come viene accudita. Le infermiere la vestono la mattina e la sera la svestono, ogni tre giorni l’aiutano per il bagno, ogni mese arriva la parrucchiera, il medico li visita e li sorveglia ogni giorno. Non è la prima volta che noto con gioia che il clima nell’istituto è sereno ed il rapporto tra il personale e gli anziani è di rispetto, di grande attenzione e di confidenza positiva. Si nota che gli infermieri il loro lavoro lo svolgono con dedizione. Riflettendo su questa esperienza, ho pensato che quest’oasi di grande umanità sia il riflesso del fatto che nel paese si conoscono tutti, e coloro che ora ci lavorano, sono stati conosciuti ed amati quando gli anziani ricoverati nella casa di cura, erano nel pieno vigore della vita. Quando ero bambino mi conoscevano tutti, le carezze e le parole di incoraggiamento non mancavano mai da parte degli adulti. Di fronte ad ogni problema, nessuno si tirava indietro per aiutare i bambini che scorrazzavano nelle viuzze per giocare. Infatti il segreto di una buona convivenza nelle comunità, dipende molto da una vita fatta di relazione e conoscenza. Più le esperienze collettive sono condizionate da attenzioni e vicinanza più le persone si riconoscono nelle altre persone. Viviamo in mondo disgregato pieno di violenza, e cinismo, proprio perché troppe cose congiurano a che l’uno sia lontano dall’altro. Ma la medicina per questo tempo che viviamo, è l’insegnamento del Signore: ama il prossimo tuo come te stesso.
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