La costruzione delle opere e la loro manutenzione, devono essere in cima ad ogni proposito delle comunità, ed invece da un venticinquennio nè si costruisce nè si manutengono opere che dovrebbero essere sotto costante sorveglianza. Non esiste un’unica anagrafe delle opere, della loro vetustà, delle esigenze impellenti che hanno per la loro efficienza e sicurezza. Non conosciamo neanche le reazioni nel tempo della affidabilità dei pur imponenti e solidi precompressi di cemento utilizzati, per ponti o altre opere. Insomma credo che tra i Paesi industrializzati, siamo i più esposti alle pressioni del far niente, alla incultura della manutenzione, a polemiche solo dopo che accadono sfracelli. In definitiva a causa di una opinione ignara o depistata sapientemente su altro, l'organizzazione e la gestione delle principali infrastrutture sono affidati a privati, con concessioni discutibili, i cui termini di garanzia pubblica nessuno conosce, così come risultano nascoste le opportunità e responsabilità per le imprese. Nel tempo peraltro i termini delle condizioni, si sono decisamente spostate ancor più a favore delle imprese, che hanno fatto delle Autostrade la lo loro gallina dalle uova d’oro. Queste imprese, in definitiva, si ripagano con introiti di pedaggio che non hanno precedenti in altri Paesi; persino maggiorati negli ultimi anni con la ‘giustificazione’ di dover provvedere alla manutenzione, alla costruzione di ulteriori altri tronchi autostradali, o al loro allargamento, con la loro programmazione, progettazione e costruzione. Senza retorica, si può dire che è come affidare la pecora al lupo. Negli ultimi anni, nel silenzio più colpevole, e addirittura, senza nessuna gara, si è provveduto ad allungare per tanti anni in più la scadenza delle concessioni per meglio gestire le autostrade. C’è da chiedersi: possono esserci condizioni più vantaggiose di queste per le imprese? E dunque in questa impalcatura equivoca di affidamenti di gestione di un ‘monopolio naturale’, che si accartoccia su se stesso la corretta gestione dell’interesse pubblico? Ma il malfunzionamento autostradale, a dimostrazione delle distorsioni, riguarda anche i servizi congeniti della erogazione del carburante, della vendita delle vivande, bevande ed altri beni, a prezzi non certo morigerati. Non c’è luogo di maggior frequenza di avventori come in autostrada, eppure nessuno dei Governi si è preoccupato di immettere condizioni degne dell’interesse pubblico. Ora il nuovo Governo annuncia che farà saltare la concessione del tronco autostradale incriminato in questi giorni, ma il problema è rivederle tutte e renderle chiare agli italiani. Intanto ai viaggiatori, costa molto più il pedaggio che il carburante occorrente per raggiungere le loro mete. Speriamo dunque che il dossier Autostrade si apra e lo si gestisca nella massima pubblicità. Il problema naturalmente non è rinazionalizzare ma definire convenzioni eque e rivolte all’interesse pubblico. Vedremo cosa succederà; se siamo al teatrino oppure davvero è arrivato il tempo dell’equilibrio necessario tra libera concorrenza come garanzia dell’interesse generale sorvegliato dai poteri pubblici.