Ecco che la ventisettesima ricorrenza dellāuccisione del giudice Giovanni Falcone per mano della mafia, ĆØ stata sporcata dalle polemiche provocate da esponenti delle istituzioni: sostanzialmente provocate dalle stesse scorie negative che colpirono il giudice eroe, prima del suo martirio. Ho conosciuto Falcone giĆ prima che diventasse noto, e poi lāho frequentato ancora fino a quando fu trasferito,Ā nel febbraio del 1991, presso il Ministero della giustizia, anno in cui anche io arrivai a Roma a dirigere il Sindacato nazionale dei lavoratori delle costruzioni. Un uomo che innovoā immediatamente la iniziativa antimafia, non limitandosi a indagare sugli affari loschi e cupi della piovra Siciliana, ma che coraggiosamente e tenacemente, e per primo, indagĆ² sulle piste criminali di oltreoceano, in collaborazione con i giudici americani, fin dove arrivavano i suoi tentacoli. Dunque, non si limitĆ² a perseguire i manovali della organizzazione criminale; gran parte parte della sua fruttuosa attivitĆ , fu rivolta a scoprire le piste piĆ¹ intricate che portavano ai piani alti: i ācolletti bianchiā; quelli che comandavano davvero il traffico di droga e di armi.
Ormai era troppo esperto per non sapereĀ che,Ā spesso, era la stessa organizzazione criminale a scaricare i piccoli mafiosi ritenuti bruciati o traditori. La pista principale, era dunque quella del crimine di cosa nostra degli āStatesā, che riteneva il punto di vera triangolazione tra i produttori degli stupefacenti, la gestione del mercato illegale nordamericanoĀ e quello europeo, che i criminali siciliani sostenevano con approdi sotto controllo della āmerceā per lāEuropa. Una strategia allāepoca cosƬ inusuale nella lotta alla mafia, la sua cultura operatore di giustizia āgarantistaā, garante dello Stato di diritto, e la grande popolaritĆ ed autorevolezza presto raggiunta, ben presto suscitĆ² risentimenti di varia natura contro di lui. Infatti, era lontano da certa antimafia, troppo intrisa di speculazione politica; va ricordato che in piĆ¹ di un caso, con le sue analisi fatte in pubblico, sconfessĆ² alcuni di quei teoremi confezionati per interessi oscuri e politici, che in qualche caso, piĆ¹ che colpire la mafia, colpivano persone – anche servitori dello Stato –Ā che hanno impiegato decenni per dimostrarsi innocenti.
Era il tempo della denuncia sui āprofessionisti antimafiaā; cosƬ li definƬ Leonardo Sciascia, il grande scrittore siciliano e impegnato con la sua arma di cultura contro la mafia da quando tutti la ignoravano e la negavano, che li additĆ² di strumentalitĆ a fini politici. In questo clima, dopo unāinquietante e molto strano attentato alla sua persona, di bastoni tra le ruote per la sua carriera a Palermo, e di polemiche persistenti contro, per la sua condotta di magistrato che rifiutava qualsiasiĀ collegamento politico, si rassegnĆ² con il morale a pezzi, a cambiare vita accettando di dirigere lāufficio affari penali del Ministero di grazia e giustizia. Ć davvero penoso, che gli stessi moventi che lo mortificarono allora, siano riemersi nuovamente ieri a Palermo sotto nuova forma. Davvero incredibile che Rappresentanti delle istituzioni locali, abbiano disertato la manifestazione per la presenza di ministri della Repubblica. Si ĆØ consumata questa assurditĆ , con lo stesso vizietto che indignĆ² Sciascia fino a spingerlo nellāindicare allora taluni, come professionisti antimafia. Ancora una volta, strumentalitĆ e personalismo hanno offeso lāopera di Falcone. Quella di ieri, dunque, non ĆØ stata una buona pagina per noi. NonĀ si ĆØ dato cosƬĀ onore ad un grande dāItalia, che ĆØ stato tale per aver combattuto la mafia superlativamente, senza commistioni con la politica o meschini interessi.