Molti, giustamente, nel fare la graduatoria delle cose più sentite dalle persone mettono al primo posto il lavoro: quello che manca, quello precario, quello mal retribuito, quello dequalificato. Non c’è dunque un dibattito, seminario, comizio di politici o sindacalisti, un intervento negli innumerevoli talk show, che non invoca un cambiamento che finalmente porti più lavoro in quantità ed in qualità. Ma il lavoro in più e più interessante a chi si chiede? Quali sono le decisioni utili? Moltissimi prontamente, sono sicuro, subito direbbero che bisognerebbe chiederlo al governo; e questo è abbastanza vero: ma penso che occorrerebbe andare oltre le cose banali che abbiamo ascoltato in questi anni che ha visto il lavoro italiano sprofondare, aldilà dei meriti pretesi. Certamente non fa bene al lavoro il reddito di cittadinanza, che scoraggia i giovani a trovarlo nel proprio territorio o altrove, come è stato sempre per giovani di ogni generazione che oltre a cercare un impiego fuori di casa lo ha fatto anche per fare esperienza, per cambiare ‘aria’. Non hanno fatto bene i tanti miliardi spesi dai vari governi in incentivi fiscali e previdenziali per assunzioni, come se le imprese che non hanno commesse in più, potessero con una piccola parte di aiuto, accollarsi l’intero costo di una assunzione che poco gli gioverebbe a causa della scarsità di spazi di mercato . Invece credo che il governo dovrebbe fare cose molto diverse da quelle finora fatte, come ridurre fortemente le tasse per gli investimenti, investire nelle infrastrutture, ed investire nella scuola e formazione continua.
Intanto sinora si è promesso di ridurre le tasse, ma alla fine di ogni anno sono più alte di prima, sulle infrastrutture addirittura si teorizzato la paralisi, mentre la scuola è fortemente compromessa dalla inesistenza di una visione che l’allinei alle esigenze delle imprese di produzione e di servizi, e la renda capace di comprendere la rivoluzione industriale in atto che continua ad ignorare. Infatti non si cambia la didattica, non si introducono nuovi saperi nei programmi, non si hanno mezzi all’altezza delle nuove sfide, non si investe sull’aggiornamento professionale degli insegnanti. Ecco, queste le cose essenziali per generare il lavoro in un mondo fortemente cambiato nei soggetti che si contendono i mercati, e di tecnologie che richiedono un lavoratore pienamente introdotto nelle conoscenze digitali. Dunque il lavoro si può ottenere investendo sui cosiddetti fattori di contesto. Ma per farlo ci vogliono governanti colti, con esperienza e convinti di lavorare duramente giorno per giorno per darsi una progettazione, e per trovare i modi più idonei per perseguire gli obiettivi, dedicandoci anima e corpo giorno per giorno con coraggio e fatica. Allora, se le cose stanno così, sarà un bel giorno quello che vedrà alla luce un modo nuovo di generare posti nuovi di lavoro.