Sos salute pubblica. Secondo l’Istat l’emergenza sanitaria interviene a valle di un lungo periodo. In cui il Servizio sanitario nazionale è stato interessato da un “forte ridimensionamento delle risorse”.
Il bene salute
La pandemia, quindi, ha acuito “le significative disuguaglianze che affliggono il nostro Paese”. Come testimoniano i “differenziali sociali. Riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal Covid-19″. Sono, infatti, le persone con titolo di studio più basso a “sperimentare livelli di mortalità più elevati”. Spiega Edoardo Turi: “L’Italia taglia la spesa sociosanitaria, per vincoli Ue e fiscal compact in Costituzione. E indebolisce il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con l’idea di “Sistema”. Usato da molti al posto di “Servizio“. Erroneo sinonimo teorizzato dal pensiero neoliberale. Come complementarietà tra SSN pubblico e privato.
Tagli
Aggiunge Turi: “La spesa sanitaria è il 70% dei bilanci regionali. E il personale incide al 60%. Settore ad alta intensità di lavoro umano. Qui i tagli. Un falso in bilancio. Che sposta la spesa da personale a acquisizione di beni e servizi. Erogatori privati. Esternalizzazioni. Convenzioni di medici e pediatri di base. Specialisti ambulatoriali. Consulenze”. Inoltre il “Ssn ha un vulnus democratico. Aggravato dagli accorpamenti di aziende sanitarie. Distretti enormi. Incapacità dei comuni di rappresentare le realtà locali nei confronti delle Regioni. E direzioni aziendali anacronisticamente simbolo di una verticalizzazione autoritaria”.
Professoressa Vera Zamagni, da storica dell’economia e della salute, cosa insegna la pandemia al Ssn?
“Ci eravamo tanto cullati nella illusione che bastassero ospedali molto attrezzati per preservare al meglio la salute della popolazione. Aiutati in Italia da una dieta più salutare di quella di tanti altri paesi e da un clima più mite. Invece, ci siamo resi conto che bisogna essere pronti a fronteggiare malattie infettive ignote. E soprattutto, che gli ospedali non vanno intasati con pazienti che possono essere curati in altre strutture più agili”.Cosa possono fare i cittadini?
“A volte si viene colpiti a qualunque età da malattie che non possono essere evitate, e di fronte a queste occorre dispiegare tutta la cura possibile. Ma troppo spesso sono gli stili di alimentazione, di attività fisica, di consumi impropri (tabacco, alcol, droghe etc.). Che rendono faticosi e spiacevoli tanti anni di vita e hanno costi elevatissimi per la comunità”.
Qual è la soluzione?
Occorre quindi che i cittadini mostrino maggiore responsabilità nei confronti della propria salute. La salute non è un bene che si possa salvaguardare solo a livello individuale”.Cioè?
“Questo si vede molto bene nelle epidemie. Perché chi è colpito diventa origine di malattia per gli altri. Ma anche le altre malattie sono sempre fonte di disagio ‘sociale’. Perché mobilitano parenti per la cura. Perché fanno mancare l’apporto della persona malata alla società. Perché distruggono famiglie”.In che modo?
“I presidi ospedalieri, le ricerche sulle malattie, la produzione farmaceutica sono tutte attività intrinsecamente sociali. I paesi che meglio affrontano la spesa sanitaria sono quelli che offrono servizi per tutta la popolazione finanziati con la tassazione, ossia con il contributo di tutti”.Cosa ne deriva?
“Da qui la responsabilità individuale di pagare le tasse da un lato e dall’altro di realizzare comportamenti che non facciano aumentare sconsideratamente la necessità di spesa”.