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Welfare: le sfide della Lombardia per il benessere dei cittadini

L'intervista di Interris.it a Roberta Vaia, segretaria regionale della Cisl Lombardia, in merito alla condizione del sistema di welfare regionale

Il termine “welfare”, meglio conosciuto in Italia come “Stato sociale”, indica l’insieme delle politiche sociali messe in campo dai diversi Paesi al fine di proteggere i cittadini dai rischi di esclusione sociale e per la promozione del benessere di tutti, sulla base dei principi di pari opportunità, equa distribuzione della ricchezza e responsabilità pubblica verso coloro che hanno una fragilità. Interris.it, in merito alla situazione attuale del sistema di welfare e alle prospettive di sviluppo futuro in Lombardia, ha intervistato Roberta Vaia, segretaria regionale di Cisl Lombardia.

Roberta Vaia (© Cisl Lombardia)

L’intervista

Vaia, il frangente storico che stiamo vivendo ha posto la Lombardia di fronte a sfide sociali ed economiche molto importanti. Qual è lo stato attuale del sistema di welfare regionale?

“Negli ultimi tempi, il welfare lombardo, si è trovato a fronteggiare delle sfide che, qualche anno fa, non si potevano nemmeno immaginare. La crisi sanitaria ha mostrato con grande evidenza che, tale modello com’era stato pensato qualche anno fa, ormai non funziona più. Le aree deboli del nostro sistema sanitario, sociale e sociosanitario sono emerse in maniera ancora più evidente. Questo ci ha portato a insistere con Regione Lombardia affinché si intervenisse in quanto, tutti gli studi epidemiologici e demografici, ci hanno mostrato che, la popolazione lombarda è in chiara evoluzione verso delle condizioni di maggiore fragilità e complessità, anche clinica. Le difficoltà emerse con la pandemia vanno risolte e, per fare ciò, ci sono delle soluzioni immediate e semplici. Bisogna partire da quello che è successo, capire cosa non ha funzionato e provare a far si che funzioni. Innanzitutto, allo stato attuale, la più grande criticità del welfare lombardo è la carenza di personale. Non si può immaginare una modifica del sistema senza pensare a un investimento in termini di risorse umane. C’è carenza di medici, infermieri, assistenti sociali, educatori e di tecnici della prevenzione. In questi anni sono state fatte molte procedure concorsuali ma ci sono state anche molte uscite dal sistema pertanto, il turnover, non è ancora stato completato. C’è poi un problema legato all’ambiente di lavoro il quale, probabilmente, non è riconosciuto così tanto. Conseguentemente c’è una scarsa attrattività di questi posti di lavoro per il personale, pertanto è necessario pianificare bene i nuovi ingressi. L’altro elemento che emerge è una scarsa sinergia tra gli assessorati competenti. Il termine welfare indica sia il sanitario che il sociale ed il sociosanitario ma, in Lombardia, questi temi sono trattati in due assessorati diversi, quello del welfare e nell’assessorato famiglia, disabilità, non autosufficienza e politiche sociali. È più difficile pensare ad un cambiamento dell’attuale modello se gli assessorati sono separati e fanno fatica a trovare una sinergia nel lavoro. Il modello di welfare costruito nel tempo ci rende una regione diversa da tutte le altre: il rapporto tra il pubblico e il privato nel tempo, ha fatto si che, l’offerta del sociosanitario sia erogata per il 90% dal privato accreditato e, in riguardo alla parte sanitaria, è divisa a metà tra pubblico e privato accreditato. Penso che, per mutare e rendere più efficiente questa realtà, sia necessario intervenire per cercare di regolamentare meglio il rapporto tra pubblico e privato, intervenendo sulle regole che ne governano la collaborazione, facendo si che, il privato, sia di collaborazione e non di sostituzione. Ciò si fa assegnando delle risorse al privato accreditato, ma indicando anche in quale servizio devono essere investite. Questo, nel complesso, è lo stato attuale del welfare lombardo, ovvero un po’ in scricchiolio. La pandemia inoltre ha fatto si che, le debolezze, siano diventate più evidenti”.

La tutela dei cittadini fragili è un indice fondamentale per monitorare il sistema di welfare. Qual è la situazione su questo versante in Lombardia? Quali sono gli auspici di Cisl?

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Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

“In Lombardia, rispetto alla tutela dei cittadini con fragilità, c’è molta frammentarietà del sistema e degli interventi in materia di disabilità. Il modello lombardo tende a finanziare molto di più la domanda, ovvero le persone, con moltissimi bonus, finanziando invece in misura minore l’offerta e quindi i servizi. Ciò crea una grande frammentarietà dell’intero sistema. L’obiettivo, quindi, sarebbe quello di svilupparne uno più efficiente che vada maggiormente incontro alle persone. Occorrono interventi maggiormente mirati verso chi ha più bisogno. Un altro tema molto importante è costituito dal valorizzare la figura del caregiver familiare. Qualche anno fa è stata emanata un’apposita legge regionale, la quale però, allo stato attuale, non ha ancora trovato attuazione. I caregiver hanno bisogno di un supporto concreto e tangibile che, in qualche modo, vada oltre il trasferimento monetario dei diversi bonus. Devono essere considerati all’interno del sistema di welfare e devono essere ascoltati e sostenuti. Un altro aspetto fondamentale riguarda la domiciliarità: noi riteniamo che sia molto importante un modello di assistenza a domicilio delle persone, ciò però non significa che debbano rimanere isolate. È necessario che ci sia una valutazione multidimensionale della persona, ovvero che non sia valutato solamente l’aspetto clinico ma anche quello sociale e di relazione. Bisogna quindi arrivare ad una vera esigibilità della tutela della persona. Una persona con una fragilità riconosciuta e accertata non può sentirsi dire che è in lista d’attesa, come succede oggi con la misura B2 per le disabilità e come succederà da qui a fine anno per coloro che non sono già assistiti come disabili gravissimi. Ci saranno le liste d’attesa e questo non è indice di un sistema di welfare che funziona bene. Un altro tema è costituito dalle RSA: la Regione ha iniziato ad affrontare il tema delle rette cercando di mettere un limite al loro aumento per non gravare ulteriormente sulle famiglie. In Lombardia si è deciso di non adeguare la quota sanitaria a carico di RL, diversamente da altre realtà, ma di lasciare libere le strutture di variare la quota sociale alberghiera. Ciò ha portato le rette a diventare insostenibili e a gravare molto sulle famiglie. Tutto questo va cambiato e serve un modello differente”.

Proiettiamoci al futuro: come dovrebbe mutare il sistema di welfare per essere più inclusivo?

Foto di Nadine Shaabana su Unsplash

“Va cambiato il modello attuale. Il welfare è sociale, sociosanitario e sanitario. Ci vuole integrazione fra queste tre componenti ma, fino ad ora, è rimasta solamente un’intenzione normativa nella legge regionale e nella riforma sanitaria ma, di fatto, non ha ancora trovato una integrazione. Le Case di Comunità, un po’ alla volta, stanno aprendo ma ciò ancora non c’è. Negli ultimi decenni, la percentuale dedicata al sociale rispetto al sanitario è bassissima. Servono ulteriori finanziamenti nazionali ma credo che, Regione Lombardia, debba investire somme adeguate. Il secondo aspetto riguarda la scelta in merito ai finanziamenti, ovvero se continuare a investire sulla domanda, ovvero sui contributi economici, o l’offerta e, di conseguenza, i servizi alla persona. Pensiamo che si debba andare verso questi ultimi, ma si registrano due problemi. In questo momento, in Regione Lombardia, sono erogati servizi alla persona a macchia di leopardo quindi, occorre che, la stessa, assuma un ruolo di programmazione, aiutando gli ambiti e i comuni indicando quali sono i servizi e come fare a farli funzionare. Non si possono avere velocità differenti nella stessa regione e, per questo, crediamo si debba andare verso il finanziamento dell’offerta. Tale cambiamento però deve essere guidato, monitorando quello che succede nel territorio amministrato. L’altra questione importante è la ricomposizione del sistema il quale, ad oggi, è molto frammentato e bisogna fare il modo che, la Regione, abbia un ruolo importante nell’ambito della programmazione, del monitoraggio e dell’indirizzo rispetto ai diversi territori. Questi aspetti potrebbero segnare un cambio di passo e far migliorare il welfare lombardo”.

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