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“Una volta sola”: quattordici storie, perle di vetro di una collana

"Una volta sola" (Mondadori, 2022) è l'ultima fatica letteraria di Mario Calabresi: quattordici storie vere che accompagnano il lettore in un viaggio

Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla.” Sembrerà strano, ma bisogna partire da Alessandro Baricco per raccontare l’ultima fatica letteraria di Mario Calabresi, a lungo ancorato ai quotidiani di carta, oggi felicemente approdato alla narrativa e ai suoi derivati, senza zavorre al seguito. Mollare certi lidi, a volte, serve davvero a prendere il vento giusto, accorgendosi come ciò che consideriamo ormeggi altro non sono che catene. Il traghettamento compiuto dall’ex direttore di Stampa e Repubblica va esattamente in quella direzione, mettendo al centro le storie da raccontare, dopo averle cercate come un saggio minatore.

Cercatore di storie

Calabresi scava a fondo, senza far uso della dinamite, confidando su martello e scalpello, in modo da levigare anche i sentimenti più spigolosi. Perché sono quelli a contare veramente. Nel suo ultimo libro, “Una volta sola”, Calabresi trova la cifra letteraria più adatta per portare il lettore dentro la storia, nel cuore delle storie, senza mai prevaricare. Forse c’è più di un motivo se da tempo Mario Calabresi ha sviluppato questa attitudine di cercatore di storie. Probabilmente l’essersi affrancato dalla fretta del quotidiano lo indotto a lavorare sul tessuto completo, non sulla semplice prova, sul campione del vestito. Comunque sia le quattordici storie contenute nel libro, questa ventina di personaggi che ci vivono dentro e che compongono il suo nuovo lavoro, sono perle di vetro di una collana infilata con cura.

Le 14 perle di vetro

Lo spunto, per Calabresi, è stato il Covid, quel lungo periodo in cui molti di noi, non tutti a dire il vero, hanno imparato il valore più profondo delle cose, degli affetti, delle scelte. Mario si è messo alla ricerca, con la luce in testa e la penna in mano, di storie vere, vissute, non per forza legate al Covid. Altre invece hanno raggiunto lui. Come la prima, “Rachele”. Una giovane vicina di casa, una conoscenza d’ascensore, finché un giorno lei gli manda un messaggio: tra poco una malattia la porterà via e vorrebbe lasciare un libro, il suo racconto, ai figli piccoli che potranno leggerlo quando cresceranno. Mi aiuti? Lunghi vocali da trascrivere, ricucire, la tenacia e persino l’ironia, “ogni momento lo voglio vivere e lo devo vivere al massimo”. L’urgenza di lasciare una memoria diventa il più ricco dei regali. O la storia di Franco che da anni assisteva Adriana, la moglie che l’Alzheimer aveva portato lontano, ma non da lui. Era in una Rsa, arriva il Covid. Lui decide in un istante di farsi ricoverare con lei: perché senza di lui lei si lascerebbe morire. Hanno vissuto due anni insieme, in questa “prigione” fatta d’amore e di un linguaggio tutto loro. “Il tempo che abbiamo è limitato e prezioso e la possibilità di scegliere è una delle cose che dovremmo avere più care. Scegliere da che parte stare, scegliere con chi stare, scegliere di testimoniare, scegliere di allungare una mano”, scrive Calabresi. Tre indizi fanno un’ipotesi, tre incontri gli hanno fatto scoprire che il Covid ha aperto un flusso ininterrotto di argentini di origine italiana che chiedono la cittadinanza per tornare qui. La storia della famiglia di Camila e Maurizio nasce per caso, dal passaporto del nonno mai conosciuto. Si dipano così le storie raccontate, lasciando segni indelebili, colpendo il cuore e l’anima.

Un viaggio di sola andata, ma il ritorno lo sceglie il lettore

Nel viaggio di sola andata di Calabresi, il ritorno lo sceglie il lettore, ci sono anche volti e nomi noti, aderenti alla cronaca, ma non per questo meno edificanti degli altri. Del resto l’urgenza di vivere, la voglia di non sprecare il tempo, sono elementi privi di temporalità, tali da rendere le storie forti in ogni loro passaggio. Nelle storie di Calabresi certi temi tornano e ritornano, “le piccole cose che fanno la differenza”: come il gesto di scuse che Narciso non ha fatto mai, e suo fratello ha fatto inconsciamente per lui. O l’avere perso un genitore durante l’infanzia, o il dramma di dover lasciare i figli: molte di queste storie intrecciano drammi così. E in questa trama a maglie strette è impossibile non trovare il proprio punto di congiunzione, uno snodo simile agli incroci affrontati. Perché senza le storie, anche la nostra storia diventa una pagina. Invece ne servono di piene e ricche…

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