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Vi racconto l’esperienza di mia sorella in Camerun

Nel 2018 mia sorella è andata a Yaoundé, capitale del Camerun, per cinque settimane per partecipare alla restaurazione di una scuola media tecnica per ragazze. Faceva parte di un gruppo di giovani francesi che hanno raggiunto dei coetanei camerunesi per lavorare insieme. Prima di andarci, hanno raccolto fondi per comprare materiale scolastico e forniture mediche di base, più precisamente assorbenti igienici per permettere alle ragazze di andare a scuola durante le loro mestruazioni. Ho parlato di questa esperienza con lei e ho pensato di condividerla.

Più dettagli sul progetto

Dopo aver lasciato l’università, ha collaborato con un organizzazione che si chiama Mission Locale, in Montpellier, Francia, il cui scopo è di accogliere, informare, e orientare giovani che hanno da 16 anni a 25 anni e che sono usciti del sistema scolastico. L’organizzazione offre interviste individuali e seminari in gruppo per parlare di diversi temi come i mestieri, l’educazione e la formazione, l’assistenza sanitaria, l’alloggio, la mobilità, e l’assistenza finanziaria.

Mia sorella ha partecipato a un seminario sulla mobilità all’estero e, a quel tempo, stavano organizzando questo progetto con l’aiuto di un’associazione di pensionati volontari. Ha pensato che sarebbe stata una buona idea partecipare a questo progetto, perché le avrebbe permesso di scoprire un nuovo paese e si sarebbe utile. Quando le ho chiesto di raccontarmi come tutto era organizzato, ha risposto: “Prima di andarci, abbiamo incontrato il gruppo di giovani camerunesi su Skype poi li abbiamo rivisti il primo giorno sul cantiere. È stato un bel momento, erano tutti molto amabili e calorosi. Dormivamo in un hotel e, ogni sera, cenavamo in un ristorante lì vicino. Il primo giorno, il capo cantiere ha fatto un elenco di tutte le cose da fare e ci siamo separati in gruppi secondo i differenti incarichi: demolizione, ricostruzione, posa di piastrelle, cucina con la spesa da fare al mercato (per preparare il pranzo ogni giorno). Alcune persone hanno fato un affresco su un muro o hanno documentato il lavoro e le attività fatte per attualizzare la pagina Facebook del progetto (Jeunesse en chantier Cameroun)[1]. Il progetto era anche seguito da un giornale televisivo locale per giovani. Per quanto mi riguarda, ho fatto un po’ di tutto. La prima settimana la demolizione delle lastre e di alcuni muri, poi abbiamo rinnovato i muri con nuovi mattoni, solidificato il tetto. Quando tutto era finito, abbiamo ridipinto i muri e pulito tutto per l’inaugurazione, con la presenza del sindaco, e delle studentesse e professori della scuola”.

Un’esperienza di vita in Camerun

Andare in Camerun era completamente nuovo per lei, ma la differenza culturale tra Francia e Camerun è stato molto arricchente. Quando non lavoravano sul cantiere, hanno visitato una casa per bambini accogliendo orfani e bambini i cui genitori hanno una malattia mentale, poi passavano tempo con i camerunesi e incontravano anche la loro famiglia. Mentre in Francia siamo piuttosto individualistici e egoisti, in Camerun era più caloroso e familiare. “Mi ricordo una bambina che mi ha vista giocare con uno dei miei braccialetti, gliel’ho regalato. Il giorno dopo, ci siamo riviste e mi ha dato un altro braccialetto in scambio, era molto commovente”.

Cosa le ha regalato questa esperienza

“All’inizio, mi sentiva molto nervosa perché era la prima volta che andavo cosi lontano e in un altro continente, volevo tornare a casa nei primi giorni, ma alla fine era il contrario, non volevo partire. Ho incontrato bellissime persone e ho scoperto una nuova cultura con le sue tradizioni. Grazie a questo progetto ho imparato molte cose sul lavoro di costruzione, e ho sviluppato la fiducia in me stessa, perché non pensavo che ero capace di partecipare in un progetto cosi importante, ma sono felice di averlo fatto. Sono ancora in contatto con alcune persone che ho incontrato lì”.

Quando le ho chiesto se aveva qualcosa da dire a qualcuno che esita fare una missione umanitaria, mi ha detto: “Non esitare, e corri a capofitto. La cosa più difficile è fare il primo passo perché puoi avere paura del ignoto, ma in fine incontrerà persone meravigliose e, dato che avete tutti lo stesso scopo, sarà molto unificatore”.

Anais Monino è tirocinante della cooperativa Volunteer in The World

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