“Volunteer in the World”. “Volontario nel mondo”. Uno slogan eloquente, un richiamo forte e chiaro alla responsabilità individuale e a quell’impatto che tutti noi possiamo avere non solo sulle ristrette comunità in cui viviamo, ma anche a livello globale. Un elogio alla forza della semplicità, un incalzante invito a mettersi in gioco, a prendere parte in maniera attiva al cambiamento che vorresti vedere nel mondo.
È proprio così che si chiama l’associazione per la quale ho scelto di svolgere il mio periodo di tirocinio, “Volunteer in the World”, una onlus che si occupa, per l’appunto, di consulenza per coloro che volessero intraprendere una missione di volontariato in varie destinazioni in tutti i continenti e che porta avanti numerosi progetti e iniziative nell’ambito del volontariato internazionale, soprattutto di carattere educativo e sociale.
Mi chiamo Giacomo, e sono uno studente in Philosophy, International and Economic Studies presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Quando mi sono imbattuto, qualche mese fa, nella scelta del percorso di stage da intraprendere, tra tutte le validissime proposte e convenzioni messe a disposizione dall’università, mi ha da subito colpito questa associazione anglo-italiana, con sedi a Londra e Bologna, che sembra incarnare, come ogni organizzazione no-profit che si occupi di volontariato, molti valori in cui credo fermamente: dal puro servizio, alla vicinanza che si può dimostrare verso persone e comunità che vivono situazioni di grave difficoltà alla periferia del mondo, all’accettazione e riconoscimento del diverso come ricchezza (e non come un pericolo di cui avere paura), all’attitudine dettata dal mettersi in gioco attivamente per poter innescare, anche se nel nostro piccolo, un cambiamento.
A differenza di tutte le altre proposte, la collaborazione con una onlus come questa piuttosto che con una qualsiasi altra azienda “tradizionale”, viene arricchita e caratterizzata da una maggiore genuinità, da una dimensione di integrità, anche morale, della quale voglio e mi sento di essere parte e che aleggia attorno ai valori che ho già elencato.
Per me questa opportunità riflette anche la realtà che già vivo quotidianamente, in relazione con il volontariato, nella sua dimensione di servizio gratuito: dal 2016 sono educatore di Azione Cattolica presso la Parrocchia del mio piccolo paese. Organizzo, insieme ad altri giovani della mia età, diversi giochi, attività e campi scuola estivi per bambini e ragazzi, dalle elementari alle medie, finalizzati all’educazione a determinati valori che potrebbero tranquillamente coincidere con quelli che trovo rispecchiati in “Volunteer in the World”.
Le motivazioni che mi spingono ad affrontare con la giusta consapevolezza questo tirocinio sono le stesse con cui mi trovo a convivere ogni settimana, quando, con i ragazzi delle medie che seguo, ci trovavamo, fino a prima dell’emergenza sanitaria, a discutere in merito ai problemi che devono affrontare nella loro quotidianità, soprattutto nelle relazioni tra di loro, riflettendo su questo anche in chiave Cristiana.
L’elemento della fede Cristiana viene vissuto soprattutto come un veicolo, che possa rappresentare un modello a cui ispirarsi per vivere una vita giusta in comunione con gli altri, guidata dai principi del rispetto, dell’amore verso il prossimo e, da parte di noi educatori, del prendersi cura, del saper ascoltare, consolare, aiutare, consigliare.
Noi ci dobbiamo adeguare al loro linguaggio, al loro mondo, alle loro categorie, e, prendendoli per mano, cerchiamo di accompagnarli allo sviluppo di una loro “spiritualità” individuale, incentivandoli a “guardarsi dentro” e instillando in loro curiosità, ma anche dubbi, come motori della ricerca e della conoscenza personale. Spesso sono loro che, con le loro domande, ci spingono oltre le nostre limitate, seppur più ampie, visioni e chiavi interpretative.
In questo modo si concretizza una dialettica unica tra l’educatore (o il volontario) e il ragazzo, in cui la ricchezza prodotta deriva proprio dalla gratuità dei gesti: il servizio, come il volontariato, nella sua gratuità, custodisce dentro di sé non solo il nobile significato dell’agire per “fare del bene al prossimo”, ma anche la bellezza della condivisione stessa, della soddisfazione per essere riusciti a “fare del bene” e della consapevolezza che, in un modo o nell’altro, questo bene ti ritornerà indietro; scaturisce così una ricchezza che è intrinseca al volontariato stesso, così come scaturirebbe da una forma d’arte, da una poesia, da un quadro o da una composizione musicale.
Ed è proprio questa l’essenza del fare il volontario o dello svolgere un servizio, due cose, queste, indiscutibilmente sovrapponibili, seppur leggermente diverse, che possono racchiudere in sé le medesime motivazioni e i medesimi valori da concretizzare, per provare ad innescare quel piccolo cambiamento che ciascuno di noi vorrebbe vedere o essere nel mondo.