“La Chiesa difende la vita, in particolare la vita di chi non ha voce- ribadisce Papa Francesco nell’esortazione apostolica āEvangelii gaudiumā– . C’ĆØ un segno che non deve mai mancare: lāopzione per gli ultimi, per quelli che la societĆ scarta e getta via. Ć lāattenzione preferenziale per i piĆ¹ deboli“. Anche sulla questione della pena di morte, per esempio, trova testimonianza la difesa cristiana della vita. Per il cambiamento delle condizioni culturali e sociali e per la maturazione della riflessione sui diritti, il Papa ha modificato il catechismo. Prima, infatti, non si escludeva che ci fossero delle circostanze per cui la si poteva legittimare. Oggi non ĆØ piĆ¹ considerata ammissibile, in nessun caso. “Lāaccompagnamento in questo contesto richiede un grande lavoro su di sĆ©. Non solo sul piano personale, ma anche su quello sociale e culturale. Sul proprio essere solidali nel limite. Nella separazione e nel passaggio della morte“, evidenzia monsignor Paglia.
Proiezioni
“In quanto credenti ci poniamo le stesse domande che riguardano tutti. Nella consapevolezza di trovarci in una societĆ democratica pluralista. Circa la fine della vita terrena, ci troviamo come tutti davanti a una domanda comune. Come ĆØ possibile raggiungere (insieme) il modo migliore di articolare il bene (piano etico) e il giusto (piano giuridico), per ciascuno e per la societĆ ?”, si chiede l’arcivescovo Vincenzo Paglia. Approfondire le decisioni sul morire non significa ritornare al vecchio paternalismo medico, bensƬ sottolineare unāinterpretazione dellāautonomia relazionale e responsabile, avverte il presule.Ā Allo stesso modo il gioco di proiezioni tra il malato e chi se ne prende cura ĆØ molto intricato. Distinguere tra il “soffre troppo” e il “soffro troppo a vederlo cosƬ” non ĆØ per nulla facile. E’ altrettanto esigente assumere seriamente la richiesta di una relazione che aiuti a vivere la radicale solitudine del morire.
Vita da difendere
La fede a difesa della vita. Al Festival del Giornalismo di Perugia ĆØ intervenuto l’arcivescovo Vincenzo Paglia. Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha partecipato al dibattito sul tema āLāultimo viaggio (verso il fine vita)ā. Secondo monsignor Paglia, la Chiesa cattolica non ĆØ che abbia un pacchetto di veritĆ prĆŖt-Ć -porter, preconfezionate, come se fosse un distributore di pillole di veritĆ . “Il pensiero teologico si evolve nella storia. In dialogo con il Magistero e con il vissuto del popolo di Dio (‘sensus fidei fidelium‘). In una dinamica di reciproco arricchimento – afferma il presidente della Pontificia Accademia per la Vita-. La Chiesa partecipa nel dibattito pubblico, intellettuale, politico e giuridico, collocandosi sul piano della cultura e del dialogo tra le coscienze. Il contributo dei cristiani si dĆ allāinterno delle differenti culture. NĆ© sopra: come se essi possedessero una veritĆ data a priori. NĆ© sotto: come se i credenti fossero portatori di unāopinione rispettabile, ma svincolata dalla storia, ‘dogmatica’ appunto, dunque inaccettabile. Tra credenti e non credenti cāĆØ una relazione di apprendimento reciproco“.
LibertĆ
Fondamentale, secondo l’arcivescovo Paglia, ĆØ come intendiamo la libertĆ . “La riflessione teologica ha maturato una concezione della persona che parte da un dato per tutti riconoscibile, cioĆØ che noi siamo fin dallāinizio inseriti in un contesto di relazioni che ci rende solidali gli uni con gli altri – precisa il presidente della Pontificia Accademia per la Vita-. La nostra identitĆ personale ĆØ strutturalmente relazionale. Ce ne siamo accorti con evidenza quasi brutale durante la pandemia. I comportamenti di ciascuno hanno (avuto) ricadute sugli altri. Siamo tutti interdipendenti, legati gli uni agli altri“. Prosegue monsignor Paglia: “Anche la vita umana, che ognuno di noi (in quanto generato) riceve da altri, non ĆØ quindi riducibile solamente a oggetto di una decisione che si limita alla sfera privata e individuale. Ne siamo responsabili verso altri, su cui le nostre scelte hanno un impatto (e viceversa). La libertĆ umana, per esercitarsi correttamente, deve tener conto delle condizioni che le hanno consentito di emergere e assumerle nel suo operare. In quanto preceduta da altri, ĆØ responsabile di fronte a loro. Questo ĆØ il motivo per cui lāautodeterminazione ĆØ fondamentale. Ma allo stesso tempo non ĆØ assoluta, ma sempre relativa (agli altri)”.
Ingiunzione sociale
“Accentuare astrattamente lāautodeterminazione porta a sottostimare la reciproca influenza che si realizza attraverso la cultura condivisa e le circostanze concrete. Richieste apparentemente libere sono in realtĆ frutto di unāingiunzione sociale (spesso sotto la spinta di convenienze economiche) – puntualizza monsignor Paglia-. Come si vede dallāesperienza dei Paesi in cui ĆØ consentita la ‘morte (medicalmente) assistita’ la platea delle persone ammesse tende a dilatarsi. Ai pazienti adulti competenti si aggiungono pazienti in cui la capacitĆ decisionale ĆØ compromessa, talvolta gravemente (pazienti psichiatrici, bambini, anziani con decadimenti cognitivi)”. Sono cosƬ cresciuti i casi di “eutanasia involontaria e di sedazione palliativa profonda senza consenso”. Il risultato complessivo ĆØ che “assistiamo a un esito contradditorio. In nome dell’autodeterminazione si arriva a comprimere lāesercizio effettivo della libertĆ . Soprattutto per coloro che sono piĆ¹ vulnerabili“. CosƬ “lo spazio dellāautonomia viene gradualmente eroso”.