Vigna Jacobini, il silenzio sulla più grave strage romana del Dopoguerra

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Ventidue anni pochi giorni fa e un oblio ridestato solo dalla memoria popolare della città. Non ci sono stati ricordi, né omaggi e nemmeno celebrazioni. L’anniversario del crollo di Via di Vigna Jacobini è trascorso inosservato, perso fra una città in affannata corsa verso le festività natalizie e le restrizioni imposte dalla pandemia, che hanno limitato la consueta atmosfera del Natale. Come sempre, il ricordo delle 27 vittime del disastro è stato affidato alle loro famiglie, riunite nel Comitato Vittime del Portuense. Coloro che, ogni anno, si riuniscono dinnanzi a quella voragine, coperta da pannelli anonimi e invasa dalla vegetazione. Probabilmente, chi non conosce quella storia, non sa nemmeno cosa ci sia lì dietro. Un buco nella coscienza di Roma, profondo ventidue anni.

Giornata della memoria, nessun passo avanti

Ventisette morti, fra i quali 6 bambini. E una richiesta, che ormai da anni ha preso le sembianze di una battaglia: istituire una giornata della memoria. Il 16 dicembre, giorno del disastro. Un’istanza inevasa finora, pur presentata e ripresentata alle varie amministrazioni comunali. Non ultima quella di Virginia Raggi, prima esponente del Movimento 5 stelle ad accedere al Campidoglio in veste di sindaco. Ma, come i predecessori, senza significativi passi avanti nell’accogliere la richiesta del Comitato, nonostante lo stesso ricordi quale fu il mantra dell’amministrazione pentastellata: “Il vento sta cambiando”.

Vigna Jacobini, la richiesta del Comitato

Ora, trascorso oltre un ventennio dal crollo della palazzina, tragedia rimasta senza colpevoli se non per i difetti strutturali, le famiglie non chiedono altro che di preservare la memoria. E far sì che venga condivisa con tutta la città di Roma. La memoria, l’antidoto all’oblio. L’unica rivendicazione per i familiari di 28 morti innocenti.

Sulla scarsa mobilitazione del Campidoglio è intervenuta l’avvocato Francesca Silvestrini, presidente del Comitato Vittime del Portuense: “Mentre si avvicina la scadenza dell’attuale consiliatura è doveroso fare un bilancio su quanto negli ultimi 5 anni è stato fatto da Roma Capitale su tutti i dossier ereditati dalle precedenti giunte, compresi quelli che da anni attendono una risposta dal Campidoglio. Nel nostro caso la valutazione è semplice e si risolve con una bocciatura totale della giunta Raggi”.

Solo la memoria

Ma, al di là della stigmatizzazione a livello istituzionale, l’avvocato Silvestrini torna a rivendicare lo scopo del Comitato nato dopo il disastro di Via di Vigna Jacobini. Non solo giustizia ma ricordo. Preservarlo in una coscienza cittadina che sembra sul punto di dimenticare quella catastrofe: “Il Comitato conduce da 22 anni una battaglia finalizzata sia a non disperdere il ricordo della più grave strage verificatasi a Roma nel dopoguerra che a ottenere la giusta soddisfazione per i proprietari e gli eredi delle vittime. Per i quali al dolore per la scomparsa di un familiare si è aggiunto un ingente danno economico“.

Silvestrini spiega che “l’iter per la ricostruzione sull’area del crollo si è impantanato nella burocrazia degli uffici capitolini nonostante siano state presentate tutte le documentazioni previste dalla legge per ottenere permessi e pagati persino gli oneri concessori. Quanto alla Giornata cittadina della memoria il 16 dicembre, iniziativa a costo zero per il Comune, alle aperture arrivate dall’XI Municipio due anni fa, in occasione del ventennale della tragedia, non è seguito nulla, con l’unica mozione presentata in Assemblea Capitolina su cui la maggioranza si è astenuta, di fatto bocciandola”.

I detriti sul cuore

Frustrazione e risentimento dopo il dolore. Una ferita che fa ancora male, per la portata del disastro ma anche per il perdurare di quelle macerie, anche dopo anni dalla loro rimozione. Come se, in qualche modo, i detriti della palazzina crollata in quella notte di dicembre del 1998 fossero rimasti depositati da qualche parte, sul cuore di una città che sembra non avere la forza di volontà per rimuoverli e lasciar posto al futuro e alla memoria.

L’amarezza è il sentimento che accompagna il passaggio dal vecchio al nuovo anno. “La pandemia – conclude Silvestrini nel comunicato – può aver rallentato il lavoro del Campidoglio ma non giustifica l’inedia totale. Non registriamo, del resto, la stessa inattività su dossier più mainstream… Così sorge il sospetto che, in vista delle comunali, ci si muova solo su temi con un tornaconto elettorale più vasto. I morti, si sa, non votano…”.

Damiano Mattana: