“C’è ora il rischio che man mano che si ritorna alla normalità si dimentichi quanto in certi momenti si è compreso. Sarà anche compito di noi pastori ricordare i tanti segni di comunione, solidarietà, vicinanza. Che comunque in questo tempo di pandemia non sono mancati“, spiega a Interris.it il vescovo di Jesi, monsignor Gerardo Rocconi. Il presule marchigiano (che guida dal 2006 l’antica diocesi nella provincia di Ancona) è il delegato regionale per la pastorale vocazionale.
Vescovo Rocconi: “Negata la dignità della persona”
Evidenzia il vescovo Rocconi: “La cultura dello scarto è la logica conseguenza della cultura dell’efficientismo. ‘Vale ciò che è apparentemente utile. Ed è utile ciò che produce benessere e ricchezza’. Chi non rientra in questo schema è da scartare. Da buttare. Rischia di essere un peso a volte da tollerare. Spesso da ignorare. A volte da distruggere”. E aggiunge il vescovo delegato per la pastorale vocazionale nelle Marche: “La cultura dello scarto trova la sua forza nella negazione della dignità della persona”. Cioè nel “non riconoscere che ogni uomo vale semplicemente perché è uomo. E non per altri motivi”. Per chi è credente, poi, “questa certezza della dignità dell’uomo viene dal fatto che ogni persona è immagine di Dio e figlio di Dio”.Quali sono gli effetti sociali e individuali dell’indifferenza?
“L’indifferenza è chiudere gli occhi. E’ l’atteggiamento del sacerdote e del levita nella parabola del buon Samaritano. Meglio non vedere. Non conoscere. Non fare. Per non turbare la propria tranquillità. Nelle due encicliche ‘Laudato si’’ e ‘Fratelli Tutti’ il Papa non può tacere su argomenti che spesso propone”.Cioè?
“La cultura dello scarto e l’indifferenza. In particolare nell’enciclica ‘Laudato si’’ ai numeri 20-22 il Papa si sofferma sulle forme di inquinamento. Sono causa di malattie. E provocano un numero considerevole di morti premature. Il criterio del profitto porta a non preoccuparsi di altri. A scapito della vita e della dignità degli ultimi. Ed è ancora il tema dello scarto che può prendere vigore là dove l’indifferenza prende campo. E la ‘cultura della cura’ viene a mancare”.Può farci un esempio?
“Al numero 49 dell’enciclica ‘Laudato si’’ il Papa esprime un giudizio duro sui tanti dibattiti, convegni o altro. Che non affrontano con lucidità i problemi degli ultimi. Si fa finta, sembra sostenere il Pontefice, che si hanno a cuore le sofferenze degli ultimi. Ma si va avanti come se nulla fosse. Tra le righe, il Papa sembra sostenere non solo che ci sia una terribile indifferenza di fronte agli ultimi. Ma addirittura un’indifferenza ipocrita mascherata di interesse. Che purtroppo è solo di un minuto e di facciata”.
A cosa si riferisce?
“Il Papa in altri passo attribuisce questa fatica di riconoscere la dignità dell’uomo alla dimenticanza di Dio. E che va di pari passo con la mancanza di rispetto per tutto il creato. Se si pretende di essere padroni di tutto, senza dover rendere conto di nulla a nessuno, allora è facile cadere in ogni forma di egoismo e ingiustizia”. Leggiamo un passaggio interessante: ‘Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa. Tutto è connesso. Se l’essere umano si costituisce dominatore assoluto finisce col provocare la ribellione della natura. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione’ (Laudato si’ 117)”. Questi stessi temi vengono ripresi e approfonditi nella successiva enciclica ‘Fratelli Tutti'”.
In che modo?
“Tutto il primo capitolo è dedicato all’approfondimento di problemi che l’umanità vive. Li conosciamo. La mancanza di tutela dei più deboli. L’invecchiamento. La dittatura del profitto. La violazione dei diritti umani. Un clima di paura per guerre, attentati, persecuzioni. La solitudine di tanti. Il problema dei migranti trattato volutamente in maniera da terrorizzare per creare chiusure di cuori e frontiere. Come reagire? C’è ancora il rischio della indifferenza!”.
Perché?
“Il Papa nel messaggio per la quaresima del 2014 affronta il tema della indifferenza. E offre delle vie per superare questa chiusura del cuore. La prima via, dice il papa, è guardare il Signore. Dio non è indifferente al mondo. Ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Per vincere l’indifferenza, sostiene il Papa, proprio perché ormai siamo cronicizzati in questo atteggiamento, non basta un proposito, un sussulto. E’ necessaria una formazione, una educazione. Ciò rimanda ad una espressione di papa Benedetto XVI in ‘Deus caritas est’, la sua prima lettera enciclica”.Quale espressione?
“Nel servire, oltre alla preparazione professionale, è necessaria anche, e soprattutto, la ‘formazione del cuore’. Cioè occorre arrivare a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti l’amore e apra l’animo all’altro”.Il Magistero di Francesco come quelli dei suoi predecessori è evangelicamente incentrato sulla cura degli ultimi. Chi sono gli “scartati”?
“Dopo aver detto cos’è la cultura dello scarto e che ‘gli scartati’ sono coloro che cadono sotto la mannaia di tale cultura, non è difficile fare un elenco. E allora possiamo parlare del bambino indesiderato. Del malato senza speranza di guarigione. Del povero senza prospettive. Dell’emigrante che potrebbe togliere qualcosa. Ma non confondiamo i poveri e i sofferenti con gli scartati”.In cosa differiscono?
“La sofferenza è di casa per tutti. Si entra nel mondo degli scartati quando la sofferenza di un uomo non interessa a nessuno. Quando un uomo perde valore perché non suscita alcun interesse. Questo ci fa capire che scartati e vittime dell’indifferenza vanno di pari passo”.Già Benedetto XVI aveva messo in guardia da una civiltà che esalta l’efficienza fisica e nasconde la malattia come se fosse uno stigma sociale. La pandemia secondo Francesco accentua la marginalizzazione degli “scartati”?
“Papa Francesco affronta questo tema nei numeri 32-36 dell’enciclica ‘Fratelli Tutti’. Sicuramente la pandemia rischia di portare più sofferenza là dove già ce n’è tanta. Per esempio in più occasioni il Papa ha parlato dei vaccini. Ricordando che devono essere per tutti. Vediamo che in tante parti del mondo i vaccini proprio non arrivano. Alla sofferenza si aggiunge la impossibilità di sperare. Eppure il Papa non vuole essere pessimista”.
Ossia?
“Papa Francesco mette in risalto una opportunità che viene dall’emergenza sanitaria. La pandemia di Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale. Che naviga sulla stessa barca. Dove il male di uno va a danno di tutti. ‘Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme’ (‘Fratelli Tutti’ numero 32)”.