Non chiamatelo cervello in fuga. Tuttavia lasciare casa e un bel lavoro, molto ben pagato, per iniziare una nuova vita professionale in un Paese straniero richiede sicuramente una testa brillante, ma anche un bel gran fegato.
E Luca Vaccari, 47 anni, imprenditore e consulente aziendale, ne ha da vendere. Vent’anni fa ha lascito l’Abruzzo, dove aveva una posizione manageriale in Salini (ora Webuild) e ha fatto rotta per la Spagna. Però non ha scelto Madrid o Barcellona, come fa la maggior parte degli italiani, ma ha preferito Valencia, affacciata sul Mediterraneo e di grandi potenzialità ancora inespresse, secondo Luca.
Il quale oggi è socio fondatore, assieme alla moglie Ana, avvocato fiscalista e amministratore delegato, della IBC (www.italian-business.eu), società che aiuta le aziende italiane a espandersi nella terra di Don Chisciotte, sfruttando le opportunità derivate da un’economia vivace (legata con il Sudamerica) e da una bassa pressione fiscale.
“Quando la maggior parte dei miei amici guardava alla Spagna come a giardino di divertimenti estivi, io pensavo alla capitale della Comunità Valenciana, con la consapevolezza che avrei potuto avere successo”, spiega Luca a Visto nel luminoso ufficio della IBC a Valencia, a due passi dal mare.
Ed è proprio questa luce limpida che invade le stanze, nata dal ventre del Mediterraneo che, ogni giorno, stimola la creatività dell’imprenditore. “Così come Antoni Gaudí adorava questa luce per creare le sue opere, io la considero il caffè del mattino, l’ottimismo e la
voglia di fare”.
L’intervista a Luca Vaccari di IBC
Luca Vaccari, perché ha scelto la Spagna e non la Grecia o il Portogallo?
“Sono un presuntuoso che crede la Spagna bisognosa del buon esempio dell’imprenditoria italiana. Due lingue molto comuni e con la stessa radice ci uniscono e facilitano l’interazione. Poi ci sono le questioni più pratiche: attualmente l’economia spagnola ha perso tutte quelle piccole e medie imprese che, invece, sostengono l’Italia, grazie alla bravura dei nostri artigiani che producono micromeccanica, ingegneria di precisione per numerose multinazionali straniere. Tuttavia la Spagna ha ciò che manca a noi: un Governo che stimola la libera iniziativa e aiuta le imprese, incentivando i giovani imprenditori con una tassazione che non soffoca. Dal 2013 l’imposta per le nuove imprese è stata ridotta drasticamente al 15% ed è l’unica tassa per costituire un’azienda. Non esistono addizionali né IRAP. Questo ha fatto sì che già dal 2014 si creassero in Spagna 70mila nuove aziende all’anno e anche migliaia di posti di lavoro. È una grande opportunità per le imprese italiane che vogliono espandersi qui, con stabilimenti produttivi o negozi commerciali. Parliamo di un Paese moderno, che in meno di trent’anni ha fatto passi da gigante nel creare infrastrutture più che adeguate che, spesso, mancano ancora all’Italia, vessata da burocrazia e dall’indecisionismo della politica”.
Che cosa manca agli imprenditori spagnoli?
“Oltre a dei validi riferimenti, mancano spesso idee e coraggio. Manca, soprattutto, quell’ingrediente che è l’italianità: il nostro Paese ha ed ha avuto imprenditori come Adriano Olivetti, Gianni Agnelli, Enzo Ferrari, Michele Ferrero, Leonardo Del Vecchio, Giorgio Campagnolo, per non dimenticare quelli attuali come Giovanni Ferrero, Augusto e Giorgio
Perfetti, Silvio Berlusconi, Romano Artioli. Persona che hanno contribuito a rendere l’Italia una potenza economica, benché i grandi problemi legati alla crescita lenta, alla crisi economica ed energetica”.
È vero che lei studiando il logaritmo di Google ha creato la IBC e le
ricette per dare successo agli imprenditori italiani in Spagna?
“Sì, è una cosa semplice quanto complessa. Un’azienda deve avere una sua forte visibilità nel Web e sui Social. Non esiste fattore più potente del passaparola sui Social che sono più penetranti della normale pubblicità. Se leggo su Facebook un mio amico che loda un prodotto specifico, sono più invogliato ad acquistarlo. Quando cerchi un’azienda o un prodotto su Google, il motore di ricerca lo trova sempre in base ad alcune regole che sono state seguite per porre azienda o prodotto in cima nella ricerca”.
Come va la crisi energetica in Spagna?
“Non c’è tutta quella paura che serpeggia in Italia o anche in Francia, Germania o Regno Unito per le super bollette gonfiate dagli aumenti legati alla speculazione e ai tagli di Putin. La Spagna ha sviluppato un piano energetico che rinnova ogni cinque anni e che coinvolge i fornitori del Nord Africa: Marocco, Algeria, Tunisia, ma anche Stati Uniti e Canada, che forniscono gas liquido poi convertito nei rigassificatori. Uno gigantesco è stato appena ampliato nel porto di Barcellona. La Spagna è fuori dai ricatti del Cremlino”.
Come gli spagnoli vedono l’Italia e gli italiani?
“Siamo due popoli molto simili, ma con differenze nette. Se la dominazione degli Asburgo ha lasciato in Spagna il rispetto per le regole e l’ordine in generale, un esempio è mettersi in coda per salire sul bus, l’Italia nella sua confusione totale, riesce a dare un’impronta
unica nei suoi prodotti e nel suo lifestyle. Ci spiano e ci invidiano questo nostro estro ma non lo ammettono”.
E cosa dovremmo invidiare noi agli spagnoli?
“L’unione tra tradizioni e modernità: nessuno in Spagna ha protestato fino alla guerriglia per bloccare la rete dell’alta velocità. La Spagna è ora il primo Paese in Europa per la lunghezza della sua rete ferroviaria ad alta velocità per il trasporto di persone e di merci. Una rete ben consolidata e sicura, costruita spendendo il 30% in meno rispetto all’Italia, molto più estesa e funzionale, grazie anche a una migliore gestione dei fondi economici concessi da Bruxelles”.