L’urgenza sociale di non lasciare solo chi non vede e non sente

Logo Interris - FIRENZE, CONCLUSO IL PRIMO CORSO DI SCULTURA PER NON VEDENTI: 13 I NEO DIPLOMATI

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Prendersi cura dei fragili è un dovere sociale per una società che si ritenga civile. “Si tratta di un impegno che è ancora più importante quando si tratta di persone che presentano gravi deficit. Come chi non vede e chi non sente. Persone spesso invisibili. Al pari delle loro famiglie su cui grava il carico di cura e di assistenza”. sottolineano i volontari della Lega del Filo d’Oro. Una realtà analizzata da uno studio mirato ad approfondire la condizione di disagio. E i numeri presentati nell’indagine sono particolarmente importanti. Essi evidenziano i tratti di una vera e propria emergenza. Rispetto a cui “si auspica fermamente che le politiche sappiano rispondere con intelligenza ed efficacia“. Così da “rendere migliore la qualità della vita”. Sia per le persone sordocieche e pluriminorate. Sia per i loro familiari e per tutti coloro che “affettuosamente le accompagnano”. Lungo un percorso di vita che, pur nella estrema difficoltà, “si configura sempre come bene prezioso. Da apprezzare e da proteggere”.

Impegno sociale

Appaiono di particolare rilievo le evidenze emerse nello studio promosso dalla Lega del Filo d’Oro. In Italia sono 262mila le persone con più di 15 anni che, oltre alle limitazioni sensoriali gravi plurime legate alla vista e all’udito, presentano contemporaneamente limitazioni di tipo motorio. . Cifra che arriva a oltre 1 milione e 400mila persone in Europa. E l’incidenza tra gli anziani è quattro volte superiore. in riferimento al contesto italiano, si tratta nel 73% dei casi di donne. E per la quasi totalità, di persone con oltre 65 anni di età (92%). Tra queste, il 43,1% vive da solo e la maggioranza ha solo la licenza elementare (84,4%). Fattori che incidono sulla condizione economica. Ciò colloca il 17,2% di questa fascia di popolazione al di sotto del 1° quintile di reddito e il 27,5% tra il 1° e il 2° quintile. Rispetto alla condizione professionale, l’11,1 dichiara di essere inabile al lavoro.

Attività di cura

Tra gli over 65 (241mila persone), oltre 7 persone su 10 (73,9%) presentano difficoltà gravi. Nelle attività domestiche. E nelle attività di cura personale. Rispetto a quest’ultime, quasi la metà (48,7%) denuncia la mancanza di aiuto. Percentuale che sale al 54,2% tra chi dichiara di avere difficoltà importanti nelle attività domestiche. Con l’approvazione della Dichiarazione sui diritti delle persone sordocieche (1° aprile 2004), il Parlamento europeo ha riconosciuto la sordocecità quale disabilità distinta. Invitando gli Stati membri a riconoscere la specificità di questa disabilità complessa. E a garantire alle persone che ne sono colpite i diritti e le tutele normative che ne conseguono. Tali raccomandazioni hanno trovato attuazione nel nostro Paese grazie alla Legge 107 del 2010. E cioè per effetto delle “Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche”. La norma riconosce la sordocecità come disabilità specifica unica. In precedenza, invece,  si riferiva alla sommatoria delle due minorazioni.

Incongruenze

Sebbene la Legge 107 del 2010 rappresenti un primo, fondamentale, passo per il riconoscimento dei diritti delle persone con sordocecità, vi sono ancora alcune significative incongruenze. Delle “falle” nella formulazione del quadro normativo che danneggiano. E lo rendono inadeguato al fine di una tutela giuridica collettiva. Capace di includere tutte le persone con disabilità aggiuntive. In Italia, infatti, una persona si può definire sordocieca se oltre alla minorazione visiva (che può essere insorta durante tutto l’arco della vita) si aggiunge anche una disabilità uditiva. Purché la minorazione sia congenita o, se acquisita, insorga durante l’età evolutiva. E sia tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato. Non sono quindi considerate sordocieche le persone che, pur non vedenti, siano diventate sorde dopo il dodicesimo anno di età. O coloro che, nati senza alcuna minorazione sensoriale, siano stati colpiti da sordocecità in età successiva ai dodici anni.

Prestazioni di invalidità

Si è quindi venuto a creare un limbo normativo che di fatto esclude il riconoscimento di un numero elevato di sordociechi. E, conseguentemente, nega loro servizi specifici, calibrati sui propri reali bisogni. E’ utile soffermarsi, dunque, sulle ultime rilevazioni Inps richieste dalla Lega del Filo d’Oro (settembre 2021). E’ l’esigua presenza di persone pluriminorate che percepiscono contemporaneamente le prestazioni di invalidità civile, di cecità e di sordità. Attualmente in Italia il numero di persone sordocieche riconosciute dall’Inps è pari a zero. “Risulta dunque urgente rendere la legislazione vigente più attuale. Adattandola a un contesto sociale in evoluzione. Dove siano riconosciute come sordocieche le persone affette da una minorazione totale o parziale combinata della vista e dell’udito, sia congenita che acquisita. Se comporta difficoltà nell’orientamento e nella mobilità. Nonché nell’accesso all’informazione e alla comunicazione“, sollecitano i ricercatori che hanno realizzato lo studio.

Modello sociale

Lo studio, in ultima analisi, intende sollecitare interventi concreti volti a correggere i limiti del nostro sistema di welfare. Promuovendo un nuovo paradigma di assistenza basato sulla presa in carico delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali. Mediante percorsi personalizzati che tengano conto, da un lato, dei loro bisogni specifici di assistenza e cura. Dall’altro delle condizioni e del contesto ambientale in cui esse vivono. Una sfida che la Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus affronta, quotidianamente, da 58 anni. Attraverso il proprio modello psicoeducativo. Un protocollo che ha raccolto e continua a raccogliere prove di evidenza della sua efficacia.

Giacomo Galeazzi: