Padre Stefano Vesentini è un religioso canossiano da diversi anni impegnato nella missione che i Figli di Santa Maddalena di Canossa (Canossiani) hanno in Tanzania, ad Igoma, nella periferia di Mwanza, la seconda città per estensione del paese.
La missione, come racconta p. Stefano, è nata in modo molto “carismatico”: il primo padre che si è recato in questa località ha trovato una parrocchia dedicata a santa Bakhita, altra grande santa canossiana, e lì è nata inequivocabilmente l’attività missionaria.
In che cosa consiste la vostra presenza a Igoma, p. Stefano?
“Assieme all’impegno della pastorale ordinaria, abbiamo iniziato le attività caratteristiche dei Canossiani: quelle caritative, di aiuto e sostegno alle persone in difficoltà, tra queste due più storiche: una casa famiglia e un piccolo centro per bambini disabili”.
A quanto pare, la vostra presenza è stata “contagiosa” nella zona, ci racconti del nuovo progetto.
“Ultimamente, a poca distanza da Igoma, a Karwande, abbiamo scoperto una sorta di cittadella che ospita un ventina di perone con difficoltà psichiatriche o/e disabilita fisica e mentale; come padri che cercano di condividersi nella quotidianità, abbiamo sentito vivo l’invito da parte di un gruppo di giovani che condividono il nostro spirito canossiano, la cui semplice presenza nella comunità locale ha pian piano contagiato altri. Abbiamo iniziato a frequentare questo ‘villaggio’ settimanalmente, poi gli incontri sono diventati bisettimanali e ora andiamo tre volte a settimana. Tanto che alla fine è nato un progetto. La cosa bella – racconta con freschezza ed entusiasmo padre Stefano – è che non è stato proposto da noi, ma è nato proprio dalle persone del posto: ci sono otto volontari che hanno pensato in prima persona al progetto a loro se ne sono poi aggiunti altri otto, ora in tutto siamo in 16. Si tratta di un progetto di reinserimento sociale per persone con problematiche psichiatriche, che in ricordo di un testo di Gianni Rodari abbiamo chiamato: ‘Via dei Matti’”.
Come mai proprio questo tipo di patologie?
“In questi luoghi i problemi psichiatrici sono visti ancora come qualcosa legato alla stregoneria. Queste persone che ne soffrono vivono in uno stato terribile. Anche in parrocchia a Igoma ne abbiamo, alcune sono sole e vivono abbandonate a se stessi.
La malattia psichiatrica ha un impatto sociale importante. Il servizio psichiatrico esiste all’ospedale ma è ancora un po’ zoppicante. Solitamente, queste persone malate vengono portate dai maghi, dagli esorcisti improvvisati e a caccia di guadagno.
Come Canossiani avevamo un terreno che è stato in disuso per molto tempo. Lì esiste già una sorta di struttura per allevare polli da uova e da riproduzione, conigli e maiali (strutture utilizzate per un altro progetto ora concluso)oltre al terreno già predisposto per la coltivazione. Stiamo creando una sorta di comunità di accoglienza residenziale fatta da piccole stanze per un totale di 20-25 assistiti in pianta stabile. I volontari e noi canossiani ci mettiamo la vita e la manodopera. L’idea ha iniziato a prendere piede, un nostro amico avvocato ci ha già scritto lo Statuto dell’associazione per costituirci come cooperativa. Vorremmo avviare una comunità terapeutica in grado di autosostenersi. Si autososterrà con la campagna, con gli animali che allo stesso tempo costituiranno il progetto educativo per le persone accolte e così speriamo di riportare questi pazienti alla normalità.
La struttura sarà destinata a quelle persone che non devono più stare ricoverate al reparto di psichiatria, ma non possono ancora tornare a casa, o non hanno le risorse. Un luogo intermedio. Abbiamo già parlato con l’ospedale di “Bugando”che è privato ma è cattolico, sostenuto dalla Conferenza Espicopale della Tanzania.
Contiamo sul fatto che in questo modo il malato mentale non sarà più visto come ‘stregato’. Crediamo anche che la gente del posto, vedendo la bontà di questa iniziativa, si coinvolgerà e darà una mano alla comunità. Il progetto, che come già scritto, si chiama simpaticamente ‘Via dei matti’, avrà bisogno di essere sostenuto economicamente per i primi due o tre anni, ma dopo si autosterrà. L’associazione formata da questo gruppo di giovani che si è messo in gioco e da noi Canossiani che sta per nascere si chiamerà ‘Mimi Yeye Sisi! Upendo kwa Wote’, ovvero ‘Io, Tu, Noi! Amore per tutti’. Per chi volesse contribuire con donazioni, è possibile farlo tramite questa pagina www.manoamicacanossiani.org o scrivere all’ufficio missionario dei Canossiani ufficio@manoamicacanossiani.org”.
Non resta che augurare il meglio a questo gruppo di volontari e alla Famiglia Canossiana per questa coraggiosa iniziativa nel cuore della Tanzania.