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Gli ulivi che costeggiano la strada dell’inclusione lavorativa

L'intervista di Interris.it a Francesco De Pasquale, vice presidente della cooperativa sociale Ortovolante, attuatrice del progetto Hopeificio in provincia di Foggia

L’inclusione lavorativa delle persone con fragilità rappresenta un baluardo fondamentale per definire il grado di avanzamento sociale e culturale di un paese, soprattutto, ed ancora di più, in un momento storico estremamente difficile come quello che stiamo attraversando nel quale, in concomitanza, si stanno verificando una pandemia e una guerra.

I dati italiani

In Italia, l’inclusione lavorativa delle persone con fragilità, seppur con i miglioramenti avvenuti negli ultimi anni, rimane un percorso irto di ostacoli. Si pensi che – secondo gli ultimi dati disponibili – su 100 persone tra i 15 ed i 64 anni che, pur avendo limitazioni nelle funzioni motorie e/o sensoriali essenziali nella vita quotidiana oppure disturbi intellettivi o del comportamento, sono comunque abili al lavoro, solo 35,8 sono occupati. Di contro, per la stessa fascia d’età il tasso di occupazione delle persone senza disabilità è pari al 57,8%, con una conseguente differenza di 22 punti percentuali. In questi anni si stanno però susseguendo diversi esempi virtuosi di inclusione lavorativa, uno di questi è rappresentato dal progetto Hopeificioattuato dalla cooperativa sociale Ortovolante – il quale – in provincia di Foggia – impiega diverse persone con fragilità nel processo di produzione dell’olio di oliva dando vita ad un percorso mirante all’incremento delle capacità lavorative nonché all’indipendenza economica e sociale delle stesse, affinché possano essere parte integrante della comunità ove risiedono. Interris.it, ha intervistato in merito a questa esperienza inclusiva, Francesco De Pasquale, socio nonché vicepresidente della cooperativa Ortovolante.

Progetto Hopeificio (© Cooperativa Sociale Ortovolante)

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone il progetto Hopeificio? Cosa sta a significare questo nome?

“Hopeificio è un gioco di parole che deriva da hope cioè speranza ed opificio ossia una fabbrica e di conseguenza il lavoro. L’obiettivo della cooperativa Ortovolante e quindi del progetto è l’inserimento lavorativo di persone con svantaggio nella filiera dell’olivo. Il progetto è sostenuto dalla fondazione CON IL SUD nell’ambito della terza edizione del bando sociosanitario e, per quanto riguarda le cooperative sociali che promuovono lo stesso sono Medtraining ed Ortovolante, in seguito – il Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl di Foggia – ha selezionato delle persone con disagio psichico. Ci sono altri partner, sia pubblici che privati, come l’Asp Castriotta e Corroppoli di Chieuti, chiaramente la cooperativa sociale Ortovolante, i comuni interessati – Chieuti e Serracapriola – e l’Asl di Foggia. Il presente progetto nasce e si sviluppa per favorire l’inserimento lavorativo di queste persone, le quali praticamente – dalla piantumazione di nuovi uliveti fino al prenderne in affitto altri – seguono tutta la filiera quindi la concimazione, la potatura, la raccolta ed infine la molitura per la quale abbiamo iniziato la costruzione di un piccolo frantoio che ultimeremo a breve, proprio per chiudere il cerchio produttivo, nel quale i ragazzi seguiranno ogni fase della filiera”.

Che cosa rappresenta il lavoro per le persone che sono coinvolte nel progetto? In che modo lo stesso va ad incentivare l’inclusione?

“Innanzitutto, il lavoro è un mezzo per avere un’indipendenza economica. Molte di queste persone che poi alla fine sono diventate socie della cooperativa nonché regolarmente assunte con contratto in qualità di braccianti, hanno i contributi ed un salario per le operazioni di raccolta e potatura che prevede la filiera dell’ulivo. Chiaramente – vivendo un disagio sociale ed essendo un po’ estraniate dalla società – l’avere un obiettivo la mattina come lo svegliarsi ed andare al lavoro per partecipare ad un progetto che li vede protagonisti in prima persona e conseguentemente percepire una remunerazione economica – fa si che riescano a uscire un po’ da quel disagio, a reintegrarsi nella società e ad entrare nella catena produttiva”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo chi lo desidera può aiutare la vostra opera?

“Ci sono persone che ci aiutano, nel senso che acquistano il nostro olio da ormai tre anni, non per beneficienza ma perché hanno assaggiato l’olio che produciamo di cui raccogliamo le olive nella giusta fase di maturazione. Con il nostro extravergine di oliva abbiamo partecipato ad un concorso sulla qualità dell’olio e ci siamo classificati terzi alla cooperativa Frentana di Chieuti. Le persone acquistano il nostro olio perché è buono, poi c’è chi magari acquista le nostre bottiglie – che produciamo in diversi formati – come bomboniere oppure come regalo di Natale. Coloro che lo acquistano ci aiutano e ci danno la possibilità di continuare il progetto. I nuovi acquirenti sono sempre ben accetti, chi acquista il nostro olio – oltre ad avere un prodotto eccellente – ci permette di andare avanti con il nostro progetto di inclusione”.

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