Toninelli (Ispi): “Le conseguenze di un conflitto tra Libano e Israele”

Interris.it ha intervistato Luigi Toninelli di ISPI sulle radici storiche del conflitto tra Israele e Libano, sul ruolo e sugli obiettivi di Hezbollah e sulle attuali dinamiche e potenziali conseguenze di un allargamento del conflitto in Medio Oriente

Esercito israeliano. Credit: IDF ISRAELE

Le tensioni sempre più forti tra l’esercito israeliano e Hezbollah preoccupano il mondo. Secondo l’Alto rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, il rischio che la guerra di Israele a Gaza coinvolga anche il sud del Libano “diventa ogni giorno più grande”, con conseguenze gravi sugli equilibri, già instabili da decenni, dell’area mediorientale. Per comprendere le attuali dinamiche e le potenziali conseguenze di un allargamento del conflitto contro Hezbollah, nonché le radici storiche delle tensioni tra Israele e il Libano, Interris.it ha intervistato il dottor Luigi Toninelli, assistente di ricerca presso il Centro Medio Oriente e Nord Africa dell’ISPI.

L’intervista a Luigi Toninelli di ISPI

Quali sono le radici storiche degli attriti tra Israele e Libano?

“Citerei tre tappe fondamentali per ripercorrere la storia del conflitto tra Israele e Libano. La prima è quella del 1948, una data che segna da un lato la nascita di Israele e dall’altro la prima guerra arabo-israeliana. A questa guerra partecipò anche il Libano. Gli eserciti arabi vennero sconfitti. Ciò nonostante, tra Israele e Libano non venne mai firmata una pace, ma solo un cessate il fuoco fra i due Paesi, lasciando congelata una situazione che si protrae ancora oggi. Non venne mai fissato, ad esempio, un confine terrestre fra le due Nazioni”.

Quali sono state le altre due tappe?

“Quella del 1978, che segna la prima invasione israeliana del Libano da parte di Israele con l’intento di porre fine ai movimenti palestinesi che dal Libano attaccavano Israele. E quella del 1982, che segna la seconda invasione israeliana in Libano e il massacro di palestinesi a Sabra e Shatila. Questo momento è essenziale: è attorno alla metà degli anni ’80 infatti che nasce il gruppo Hezbollah come resistenza alla presenza israeliana nel sud del Libano. Ad oggi, dal 1948, non è stato raggiunto alcun tipo di pace fra Libano e Israele”.

Esistono dei confini riconosciuti da ambo le parti?

“Terrestri ancora no. Mentre il confine marittimo è stato regolato con un accordo nel 2022, lungo la frontiera sud terrestre non esiste un accordo e ci sono ancora molti territori contesi fra Israele e Libano. Questi vari punti di scontro si sono creati a seguito dei conflitti, dalla guerra del 1967 che portò all’occupazione del Golan, all’invasione del Libano del 1982 e alla guerra del 2006. Tutti questi scontri non hanno mai risolto le contese territoriali; contese che servono ancora oggi a rivendicare la resistenza e l’opposizione nei confronti della controparte”.

Chi sono gli Hezbollah e cosa vogliono?

“Gli Hezbollah nacquero nella prima metà degli anni ’80 come movimento di resistenza armata sciita. Oggi hanno tre principali funzioni. Hanno una funzione militare di resistenza nei confronti di Israele e di supporto alla causa palestinese. Hanno una funzione sociale, con un forte radicamento territoriale, gestendo pensioni, stipendi, ospedali, e rendite. Hanno anche una dimensione politica, essendo il principale partito in Libano per capacità politica in Parlamento, anche se non per numero di eletti”.

In Libano le milizie furono disarmate alla fine della guerra civile, all’inizio degli anni ’90. Eppure gli Hezbollah sono armati…

“Sì. Loro giustificano il mantenimento delle armi con la necessità di liberare il sud del Libano dalla presenza israeliana. In pratica, è lo stesso Israele che permette a Hezbollah di giustificare la propria missione come necessaria agli occhi degli altri libanesi”.

Quante sono le possibilità di un allargamento del conflitto tra Israele e Libano?

“Le possibilità sono sempre più alte. Da una parte, Israele vuole risolvere definitivamente la questione del sud del Libano e garantire la sicurezza delle comunità nel nord di Israele dopo gli attacchi terroristici del 7 ottobre2023. Dall’altra, Hezbollah preferirebbe un ritorno allo stato precedente agli attacchi di Hamas. Questa divergenza di obiettivi potrebbe portare a un conflitto più ampio”.

Si tratta di una minaccia concreta?

“Decisamente sì. Negli ultimi giorni è cresciuta notevolmente la tensione lungo la frontiera. Israele ha dichiarato di aver approvato piani per un’invasione militare, che diventerebbe più probabile se la situazione a Gaza si calmasse. Hezbollah ha aumentato la propria capacità di tiro e utilizzato strumenti di guerra psicologica, minacciando di bombardare Haifa, importante porto israeliano. L’Iran, dal canto suo, ha aumentato le proprie forniture di droni e missili a Hezbollah, che sembra si stia anche coordinando con altri attori del cosiddetto asse della resistenza per difendersi. Israele ha incassato il sostegno della Casa Bianca: gli Stati Uniti hanno infatti dichiarato che supporteranno concretamente Israele in caso di guerra con Hezbollah”.

Quali potrebbero essere le conseguenze?

“Hezbollah ha dimostrato di non volere al momento un allargamento del conflitto, rispondendo solo agli attacchi israeliani. È difficile dire cosa voglia la leadership israeliana, ma sembra sempre più convinta che un’operazione militare sia la scelta giusta. La guerra al Libano potrebbe portare a un coinvolgimento diretto di altre potenze, regionali e non, Iran e Stati Uniti in primis. Ma anche a un coinvolgimento maggiore degli attori dell’asse della resistenza che potrebbero attaccare congiuntamente Israele. In definitiva, un conflitto in Libano potrebbe portare a una destabilizzazione totale della regione mediorientale. Con conseguenze che andrebbero ben oltre il solo Medio Oriente”.