Una “Terra Condivisa” per aiutare gli ultimi

©Terra Condivisa

La tutela dell’ambiente e delle persone con fragilità rappresenta il fulcro delle encicliche di Papa Francesco che ha sempre evidenziato con grande lungimiranza l’importanza del farsi prossimo a coloro che soffrono nonché della tutela della Terra quale Casa Comune. L’inclusione lavorativa rappresenta un baluardo fondamentale per la tutela delle persone in stato di necessità e ciò ha visto le diverse Caritas diocesane in sinergia con le realtà del Terzo Settore sui vari territori agire in prima persona al fianco dei più deboli al fine di favorire la piena partecipazione alla vita delle comunità. In particolare – il progetto Terra Condivisa attuato dalla Caritas di Faenza e Modigliana con Farsi Prossimo OdV – sta favorendo l’inclusione lavorativa e sociale delle persone in difficoltà attraverso una forma di agricoltura sostenibile ed economia circolare. Interris.it ha intervistato, in merito a questa attività progettuale, Chiara Resta, membro di Farsi Prossimo OdV dal 2016 e parte del progetto Terra Condivisa dal 2019, nel quale svolge la funzione di tutor dei tirocini

immagine www.terraevita.edagricole.it

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone il progetto “Terra Condivisa”?

“Il progetto Terra Condivisa nasce nel 2018 dalla volontà dell’associazione Farsi Prossimo OdV insieme alla Caritas di Faenza e Modigliana di trovare una modalità per dare ai richiedenti asilo – i quali erano presi in carico da Farsi Prossimo – di avere competenze da poter spendere sul mercato del lavoro, visto che, il loro essere in Italia, era un riprogettare una vita nuova. Quindi, creare un orto in cui fossero accolti, in un un’ambiente facilitato nel quale potessero avere un primo ingresso nel mondo del lavoro, è sembrata a Farsi Prossimo un’idea utile per aiutare ed inserire socialmente i richiedenti asilo. Pertanto, tre anni fa – collaborando con la Caritas di Faenza e Modigliana e richiedendo i fondi all’8×1000 è nata l’idea di Terra Condivisa. Dopodiché, con il passare del tempo, Farsi Prossimo non ha più avuto la gestione dell’accoglienza per i richiedenti asilo ed ha deciso di non fare più tale attività – soprattutto dopo il decreto sicurezza -. Però, Terra Condivisa, avendo due anni di fondi 8×1000 che in seguito sono diventati tre, ovviamente continuava il suo operato. Quindi, creando una buona rete sul territorio con tutte le associazioni e i servizi che si occupano di persone con fragilità, ecco che Terra Condivisa è diventato un’ambiente ed un orto nel quale accogliere tutte le persone in condizione di fragilità socioeconomica e dare loro un luogo tutelato – com’era stata l’idea iniziale – seguiti da volontari e da un tutor al fine di reinserirsi nel mondo del lavoro da cui erano lontani da tempo”.

Che funzione assume il lavoro nei confronti delle persone con fragilità che sono impiegate nella vostra realtà?

“Il lavoro sicuramente è una modalità con cui le persone con fragilità possono reinserirsi nel tessuto sociale del territorio in cui vivono ed è un modo per sentirsi utili e riprogettare la propria vita. È proprio questo che vuole fare Terra Condivisa, soprattutto con l’aiuto dei volontari, i quali sono la spina dorsale di tutti i progetti Caritas e Farsi Prossimo. Grazie all’aiuto dei volontari, i quali danno ancora più segno del fatto che lavorare è un modo per tenersi impegnati e stare inseriti all’interno della società. Così facendo si vuole dimostrare alle persone con fragilità che lavorare, avere relazioni sociali ed un guadagno – seppur piccolo – da speranza per potersi reinserire nel tessuto sociale della società. Infatti, Terra Condivisa, non può e non deve essere un punto di arrivo, in quanto non è una azienda agricola in cui ci si inserisce e si viene assunti, ma costituisce una strada nuova per reinserirsi nel tessuto sociale del territorio”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo chi lo desidera può aiutare la vostra azione?

“Sicuramente, dopo che i fondi 8×1000 sono terminati, Terra Condivisa deve camminare con le sue gambe. È un progetto sociale e non è una azienda agricola, ciò richiede uno sforzo in più. Ci stiamo misurando e stiamo provando a farcela, anche perché riprogettare e trovare nuovi fondi per sostenere un progetto sociale non è facile. Quindi, cerchiamo di sostenerci con quelle che sono le vendite dei nostri prodotti. Sono prodotti a km 0, puntiamo infatti non solo sul fatto che – acquistando gli stessi – si sostiene l’impegno sociale di Farsi Prossimo nei confronti delle persone con fragilità, ma anche la tutela dell’ambiente in cui viviamo. Perché comunque, un progetto agricolo, deve tutelare anche il territorio che vive; in qualche modo esso sfrutta e utilizza la terra che ci è stata donata e quindi se ne deve fare carico allo stesso modo delle persone fragili. Riassumendo: km 0, prodotti sani e sostegno sociale. Su questi aspetti stiamo cercando di sostenere il progetto tramite la vendita dei prodotti e chi ci vuole sostenere lo può fare in diversi modi, per chi è del territorio acquistando i nostri prodotti che si possono trovare tramite gli ordini di cassette che noi distribuiamo due volte a settimana, sia acquistando nel nostro banchetto nel punto vendita settimanale in cui si vendono i nostri prodotti sfusi. Invece, chi avesse tempo a disposizione, potrebbe fare volontariato insieme a noi e sostenerci in tale maniera attraverso diverse modalità, ad esempio andando all’orto, componendo le cassette, oppure facendo le consegne a domicilio. Chi vuole invece può darci un sostegno economico donando il suo 5×1000 a Farsi Prossimo oppure andando sul nostro sito e facendo una donazione”.

Christian Cabello: