“Trattare alcuni tipi di disturbi con la musica è una pratica molto antica, già si riteneva che i ragas indiani, a seconda della tonalità, avessero uno scopo curativo”. Questa declinazione del binomio arte-salute lo spiega a Interris.it Marinella Maggiori, musicoterapeuta del Centro terapeutico dell’Antoniano di Bologna e presidente dell’Associazione italiana professionisti della musicoterapia (Aim), in occasione della decima edizione Giornata europea della musicoterapia.
Note e benessere
Si tratta di una disciplina che usa il suono e la musica in contesti di relazione. “Noi terapeuti li utilizziamo in tante situazioni, non soltanto in quelle di disagio o di fragilità, ma anche quando lavoriamo sul benessere personale con i bambini nati prematuri insieme alle persone più anziane con disturbi dovuti all’età avanzata”, illustra Maggiori. “Tramite un approccio empatico esploriamo tutti gli aspetti dell’essere umano per aiutare i pazienti ad usare le loro potenzialità”, così la presidente Aim. Questa impostazione si utilizza sia per processi cognitivi che per le attività comportamentali. “Mettiamo le ‘mani in pasta’ nella musica per far sì che le persone possano esprimersi tramite altri canali, suonando e cantando, rispetto alle funzioni in cui sono più deficitarie” – continua – “le lasciamo improvvisare con gli strumenti dando il via a uno scambio sonoro-musicale che non passa da competenze specifiche ma dalla volontà di stare insieme”. Creare un ambiente favorevole alla relazione è necessario per potersi poi dedicare insieme, terapeuta e paziente, agli obiettivi concordato con l’équipe medica di riferimento della persona. Negli hospice, per esempio, aggiunge, si fanno ascoltare brani specifici anche scelti in collaborazione con le persone seguite.
Attività e risultati
Al centro dei francescani la musicoterapia ha acquisto sempre più importanza, tanto da essere il secondo trattamento riabilitativo per numero di ore lo scorso anno. L’ente ha rilevato un incremento degli accessi da parte di minori con disturbi dello spettro autistico. Le musicoterapeute in particolare ne hanno accolto un 30% in più dal 2020. “I bambini che seguiamo necessitano di situazioni strutturate per sentirsi a loro agio e per entrare in relazione con il mondo esterno e con gli altri, così lavoriamo con loro – negli spazi del Centro, a casa o a scuola- in un setting musicale sia individuale che in piccoli gruppi per aiutarli a sviluppare la capacità di fermarsi e guardarsi intorno e di condividere con gli altri strumenti e materiali, e ricerche dimostrano che la loro qualità della vita migliora”, illustra Maggiori. Nel contesto laboratoriale, si utilizzano i “classici” pianoforti, percussioni e chitarre, ma anche gli strumenti del metodo Orff per la propedeutica musicale, come i tamburelli, i triangoli, gli xilofoni e i legnetti, ma anche il lettino sonoro – una grande cassa armonica in legno con 48 corde accordate sulla stessa nota – utile per la terapia vibroacustica. La terapeuta racconta un’esperienza diretta della sua attività. “Abbiamo seguito un ragazzino che durante le sedute non riusciva a stare attento o relazionarsi con gli altri. Dopo un periodo di lavoro individuale lo abbiamo inserito in un gruppo con tre suoi coetanei, all’inizio non riusciva a rimanere in relazione con loro oltre un certo tempo ma gradualmente è arrivato a controllarsi e a essere partecipativo insieme ai suoi compagni”.
La professione
Come si diventa musicoterapeuti? Nel nostro Paese la professione è stata regolamentata con la legge 4/2016 e dal 2021 ha assunto una veste più istituzionale. “Ora nei conservatori ci sono i master biennali in metodi e tecniche di musicoterapia che prevedono tirocini, molto importanti perché le competenze di questa pratica non si acquisiscono solo sui libri ma nei tanti contesti di lavoro differenti”, chiarisce la presidente Aim, la più estesa delle associazioni di musicoterapeuti in Italia per numero di iscritti. E annuncia: “A luglio 2026 ospiteremo in Italia, a Bologna, il Congresso mondiale di musicoterapia”.