Tende pneumatiche: a Torino un riparo notturno per i senzatetto

Molto spesso la sorte degli “invisibili” e degli “ultimi” ci tocca quando sono “protagonisti” di tristi fatti di cronaca. Come la morte, a causa delle gelide temperature notturne, di Paul, persona senza fissa dimora deceduta su una panchina in corso Rosselli, a Torino. Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, nel nostro Paese i clochard sono 50.724. Questa cifra ci mostra l’“emerso” del fenomeno, in base al numero di homeless che si sono recati presso i servizi di accoglienza notturna o hanno usufruito di una mensa. Resta quindi un “sommerso” di cui non si conosce l’entità. Ma le persone senza fissa dimora e senza un tetto sono quotidianamente sotto i nostri occhi, in qualunque città d’Italia, e c’è chi decide di non considerarli “invisibili” ma si attiva – anche facendo rete con le realtà presenti sul territorio – per fornire loro un riparo, assistenza, aiuto concreto. Chi dà loro calore umano e se ne prende fattivamente cura.

Rinforzare una relazione

Per un mese, a partire dal 29 gennaio, i senzatetto del centro cittadino del capoluogo piemontese avranno a disposizione quattro tende pneumatiche installate di fronte al Duomo dall’amministrazione comunale in collaborazione con la Caritas diocesana e la Croce rossa italiana. La struttura temporanea allestita, spiega l’assessore alle Politiche sociali Jacopo Rosatelli, “può dare accoglienza notturna fino a 40 persone, che possono accedervi anche senza green pass perché si effettuano regolarmente i tamponi” e “hanno un riparo per la notte, un pasto caldo e una colazione calda”. Gli ospiti sono seguiti “da operatori che interloquiscono con loro anche per capire come attivare dei percorsi di inclusione sociale, come l’ingresso in una Casa di ospitalità o l’inserimento lavorativo”, continua Rosatelli. L’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia ha dichiarato che “il senso di queste tende è sì di affrontare una emergenza, ma è soprattutto quello di continuare e rinforzare un discorso, un dialogo, una relazione con le persone senza fissa dimora. Se ci conosciamo meglio, se siano più vicini, potremo riuscire a fare dei progetti insieme. Per uscire dalle tende, e per rientrare nella città”. “In più occasioni”, ha aggiunto il prelato “ho avuto modo di dire che si corre il rischio, a Torino, di vivere in due città diverse. Ma è altrettanto vero che questa è una città che non vuole abbandonare nessuno”.

Il fenomeno

Un rischio che corrono circa 2.500 persone, secondo le recenti stime di un drammatico fenomeno i cui contorni sono sempre cangianti. Ulteriormente aggravato, negli ultimi anni, prima dalla crisi economica e più di recente dai due anni di pandemia – che ha reso ancora più difficile riuscire a raggiungere questi soggetti e a gestire la loro situazione. “Il dato più accreditato è che nel centro città si trovino un centinaio persone fuori circuito di accoglienza”, illustra l’assessore alle Politiche sociali. Provenienze ed esistenze delle varie e dure, “ci sono stranieri che con storie personali difficili che non hanno potuto essere accolti in percorsi di integrazione o ne sono usciti – continua Rosatelli, cercando di mostrare la fotografie dell’attualità –  poi ci sono anche persone che una dimora qui non l’hanno persa, non l’hanno proprio mai avuta e non riesco a entrare in percorsi di integrazione. Serve rendere più regolari i processi di arrivo in Italia per accogliere meglio le persone”. Un trend in ascesa nella realtà torinese si registra nell’“aumento di minori stranieri non accompagnati, che se non gestito può produrre marginalità sociale”, spiega Rosatelli. Per questo c’è un “servizio appositamente dedicato presso l’assessorato ai Servizi sociali che si occupa inserendoli in percorsi formazione o nell’avviamento al lavoro”.

800 posti

Oltre all’iniziativa della struttura temporanea, l’amministrazione torinese mette a disposizione delle persone senza fissa dimora circa 800 posti di accoglienza e attività di inserimento sociale, seguendo un approccio che va andare oltre l’emergenza per realizzare una vera inclusione sociale degli emarginati, con anche opportunità di autonomia abitativa. “Ci sono dormitori aperti 24 ore al giorno tutto l’anno”, dichiara Rosatelli spiegando il Piano invernale del comune, “siti di accoglienza a bassa soglia”, cioè con l’unico requisito per l’accesso la maggior età, “in piazza San Giovanni e in via Traves, dove ricevono ricovero notturno e protezione dal freddo. Poi gli alloggi nelle case popolari progetto Housing First”, con 50 percorsi attivi, e molte altre situazioni del privato-sociale. A questo si accompagna, fondamentale in questo lungo biennio funestato dal Coronavirus, la possibilità per queste persone di accedere al servizio sanitario e al medico presso l’ambulatorio sociosanitario “Roberto Gamba”, gestito insieme all’azienda sanitaria locale.

Il medico per i clochard

Sul versante sanitario, è di questi giorni una buona notizia per chi è senza dimora – a fronte di un raddoppio delle richieste di ospitalità in un decennio. E’ stato infatti firmato un protocollo operativo tra la Regione Piemonte, a cui compete il servizio sanitario regionale, la prefettura, il Comune, la città metropolitana, l’Asl città di Torino, la diocesi e la Federazione italiana organismi persone senza dimora per consentire anche a costoro di potersi iscrivere al Servizio sanitari regionale e scegliere il medico di base, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Con uno stanziamento di 200mila euro.

Lorenzo Cipolla: