Lezione di pluralismo e libertà della Chiesa di Taiwan: dialogo oltre ogni ostilità

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La presenza cattolica a Taiwan è un modello di dialogo e cooperazione. In una delle aree geopoliticamente più incandescenti del pianeta. A testimoniare il ruolo e la vocazione di ponte della Chiesa taiwanese è padre Gianni Criveller del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Trevigiano parla cinese putonghua e cantonese. Insegna a Hong Kong e Taunggyi (Myanmar). Sinologo, storico e teologo, è autore di decine di libri tradotti anche in cinese. Presiede lo Studio Teologico Internazionale del Pime affiliato alla Pontificia Università Urbaniana. Per Asianews ha raccontato gli 80 anni delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Cina e la Santa Sede  Ed è stato anche missionario a Kaohsiung e a Taipei. “Taiwan è piccola- puntualizza padre Criveller-. Ma la sua vicenda ha un grande significato. Qui la Chiesa è libera e in pace. C’è libertà. Pluralismo. Dialogo tra credenti di diverse fedi. Democrazia. Non è poco in questo tempo dove si ama così poco la libertà. Il dialogo. La democrazia”.

Modello Taiwan

“Gli spagnoli arrivarono nel nord di Taiwan nel 1626. La chiamarono Hermosa. L’isola bella. Tradotto poi dai portoghesi in Formosa– sottolinea il missionario-. Arrivarono anche i missionari domenicani della provincia del Santo Rosario. Già operavano nelle Filippine e in Giappone. E costruirono la prima chiesa fondando comunità a Jilong e Danshui, nell’estremo nord. Ai domenicani, a partire dal 1631, si aggiunsero francescani spagnoli e italiani. Fecero di Taiwan una tappa per entrare in Cina”. Taiwan fu ceduta ai giapponesi nel 1895 con il trattato di Shimonoseki. Nel 1945 l’isola passò alla Cina. In seguito alla sconfitta giapponese nella seconda guerra mondiale. E fino all’arrivo di Chiang Kai Shek nel 1949 i domenicani furono i soli missionari cattolici sull’isola.

Opera complessa

“L’opera dei domenicani non fu facile- sottolinea il missionario veneto-. La composizione etnica, sociale e culturale dell’isola era molto complessa. Le adesioni al cattolicesimo erano rare. Alla fine dell’800 i cattolici erano poco più di 1000. Concentrati in pochi villaggi dove le comunità vivevano isolate dal contesto”. Padre Criveller cita il piccolo villaggio di Wanchin. A 60 chilometri a sud di Kaohsiung. “L’intero villaggio aderì al cattolicesimo a partire dagli anni 60 dell’Ottocento – evidenzia il sinologo- E conservò la fede. Nonostante l’ostilità da parte delle autorità e dei villaggi confinanti. Ancora oggi è un luogo speciale. A Wanchin la pratica della fede rimane forte. E qui sono nate molte vocazioni religiose“. La fede viene espressa attraverso una originale combinazione. Tra elementi tradizionali cinesi. Costumi delle popolazioni locali. Forme religiose ereditate dai missionari spagnoli.

Lenta crescita

La Chiesa taiwanese è cresciuta lentamente. Il primo seminario fu aperto solo nel 1920. La presenza giapponese pose i cristiani in una posizione difficile. C’erano da appianare i rapporti con il governo giapponese. Così nel 1912 Taiwan divenne Prefettura apostolica autonoma. Di lingua giapponese. Staccata da Xiamen. “I domenicani fecero ogni sforzo per attirare i taiwanesi alla fede- spiega il missionario del Pime-. Andava affrontata la difficoltà dell’adesione al Vangelo. In una popolazione rurale molto interconnessa con i riti tradizionali cinesi. Ossia con la terra. Le sepolture, gli antenati. La famiglia e le tavolette con i nomi dei defunti. La situazione cambiò solo a partire dal secondo dopoguerra”. Nel 1935 e nel 1939 la Santa Sede dichiarò ammissibili i riti tributati a Confucio. E agli antenati.

Diplomazia

Prosegue padre Gianni Criveller: “La società stava cambiando. La riforma agraria. l’industrializzazione. L’alta scolarizzazione. L’urbanizzazione. Così la gente di Taiwan si emancipò dalla dipendenza dalla terra. Dalla famiglia tradizionale. E dunque dalla pratica dei riti per gli antenati”. La Santa Sede e la Repubblica di Cina hanno stabilito le relazioni diplomatiche nel 1942. Nel 1946 ambasciatore cinese in Vaticano fu il prestigioso giurista John Wu. Convertito al cattolicesimo dal missionario del Pime a Hong Kong, Nicola Maestrini. Autore di “La scienza dell’amore”. Il saggio in cui Teresa di Lisieux viene descritta come sintesi dell’etica confuciana e della mistica taoista. Padre Criveller racconta poi gli sconvolgimenti politici in Cina. Quando il nunzio Antonio Riberi fu espulso da Pechino. E la nunziatura presso la Repubblica di Cina si trasferì a Taipei nel 1951. “I rapporti siglati da Pio XII con la Repubblica di Cina erano, appunto, rapporti con la Cina- sottolinea il religioso-. La Santa Sede scelse di rimanere presente in territorio cinese“.

L’appello di Paolo VI

Nel 1970 Paolo VI visitò Hong Kong. “Inviò un inascoltato appello alle autorità della Repubblica Popolare Cinese – osserva padre Criveller – L’anno successivo papa Montini inviò a Taipei un incaricato d’affari“. Dalla Cina a partire dal 1951 arrivarono più di 800 sacerdoti e varie altre centinaia di suore, cinesi e no. Con loro anche un milione di soldati e rifugiati. L’esodo ebbe un impatto enorme trasformando l’isola in modo radicale e indelebile. Vi fu un’impressionate crescita dei cattolici. Che da 11 mila passarono a 300 mila. Metà della popolazione cattolica appartiene ai gruppi etnici concentrati nelle zone montuose al centro dell’isola. “Sono state costituite sei diocesi. E vennero fondate scuole, pensionati, ospedali, università e centri culturali- evidenzia lo studioso- Con le opere sociali si venne incontro alle necessità del popolo. In anni di grave emergenza per l’enorme afflusso di profughi.

Sfide

Oggi restano le sfide dell’evangelizzazione nei tempi della modernità. A fronte di una società in grande trasformazione. “Non si mira al successo numerico. Ma alla testimonianza credibile del Vangelo. Nella dinamica evangelica del piccolo gregge- sostiene il sinologo-. A Taipei mi colpisce l’adesione di un giovane di Taiwan alla fede. Umanamente parlando non arreca nessun vantaggio. Anzi questa scelta implica difficoltà. E resistenze da parte della famiglia e degli amici. Mi sembra dunque vera opera della Grazia“. E conclude: “Le circostanze storiche hanno obbligato Taiwan e la Santa Sede a camminare insieme tanti anni. Non si può considerare Taiwan come un mero retaggio storico. Del quale ci si può liberare“.

Giacomo Galeazzi: